Denominare un’imposta Robin Hood Tax è sicuramente molto evocativo. Ma per comprendere se si tratta di una tassa “buona” bisogna forse superare lo schema superficiale del togliere ai ricchi per dare ai poveri. E’ necessario soprattutto vedere in concreto cosa è tassato e cosa ci si propone di fare con i proventi della tassazione.

Una prima fonte di confusione nasce dall’utilizzo della denominazione Robin Hood Tax o Robin Tax da parte di attori molto diversi. A livello nazionale, la Robin Tax è stata propugnata dal Ministro dell’Econimia e delle Finanze Giulio Tremonti, mentre a livello internazionale erano le associazioni vicine all’ambiente No-Glob che premevano per introduzione di una tassa dai contenuti fortemente redistributivi.

Ma di cosa di tratta nello specifico?

La Robin Tax all’Italiana del Ministro Tremonti

La Robin Tax del Ministro Tremonti è un’addizionale sull’imposta dei redditi d’esercizio, l’IRES. Colpisce tutte quelle aziende che operano nella produzione e distribuzione di energia elettrica. L’addizionale sui ricavi di tali aziende è salita di 4 punti percentuali, dal 6,5% al 10,5%. Nel settore dell’energia si può essere portati a pensare che i ricchi da colpire siano le imprese più inquinanti, votate alla produzione di energia da combustibili fossili. Dall’altra parte si potrebbe intendere che la redistribuzione sia da attuare nei confronti di quei settori energetici basati sulle rinnovabili. Così non è, infatti la Robin Tax italiana colpisce tutto il settore energetico indistintamente, compresi i produttori di energia verde: eolico, fotovoltaico e biomasse.

Tassare un settore strategico come quello dell’energia è di per sé una scelta discutibile; bisogna infatti considerare che ogni aumento nella tassazione dell’industria energetica si ripercuote in un aumento del costo dell’energia con susseguenti rincari nelle bollette per cittadini e nei costi di produzione di ogni altro bene o servizio confezionato in Italia.

Inoltre, “i poveri” a cui si intende ridistribuire non sono esattamente ben definiti. Il ministro Tremonti, nella conferenza stampa di presentazione della Robin Tax ha fatto presente che se la tassa funziona sarà possibile diminuire i tagli ad alcuni ministeri, tagli che passerebbero dai 6 ai 5 miliardi, con il guadagno netto di un miliardo per la nostra amministrazione centrale. Al momento la fiducia nell’amministrazione non è tale da pensare che una redistribuzione verso i ministeri sia a beneficio della collettività intera. Forse sarebbe stato più appropriato prevedere degli incentivi alla green economy e attuare una redistribuzione dai ricchi-inquinanti ai poveri-rinnovabili. Essendo quindi questo aumento dell’addizionale sull’IRES, privo di un vero intento redistributivo, abbiamo definito questa tassa Robin Tax, amputando il Hood ma lasciando l’assonanza con il verbo congiuntivo del verbo “rubare”.

La Robin Hood Tax di matrice internazionale

La Robin Hood tax è un’imposta promossa dalla società civile e tesa a scoraggiare le transazioni finanziarie speculative. L’obiettivo chiaro è quello di togliere ai ricchi, cioè al mondo della finanza. La redistribuzione a favore della povertà sarebbe da attuare attraverso politiche di contrasto all’emarginazione sociale, al riscaldamento globale e attraverso investimenti nei paesi in via di sviluppo, nella scuola e nella ricerca.

Spesso la lotta contro il dominio delle istituzioni finanziarie è associata ai gruppi di pressione No-Global che da sempre hanno spinto per l’adozione di tassazioni sulle transazioni finanziare. Negli anni passati, movimenti come ATTAC hanno combattuto la propria propria la battaglia per l’introduzione della Tobin tax. Si tratta di una misura fiscale del tutto simile a quella oggi definita Robin Hood tax; la tassa teorizzata dal premio Nobel James Tobin doveva però concentrarsi soltanto sul mercato delle valute, in modo da scoraggiare le speculazioni finanziarie e stabilizzare i tassi di cambio.

Recentemente la campagna per una Robin Hood tax, che estende il principio della Tobin tax a tutto il settore finanziario, è tornata in voga grazie al movimento Occupy Wall Street e a una campagna, nata in Inghilterra, ma ormai divenuta mondiale. Si tratta in realtà di una campagna che va ben oltre le frange più estremiste. Tra gli organizzatori del progetto robinhoodtax.org troviamo Act!OnAid, Oxfam, Save the Children, Unicef, Greenpeace, Christian Aid, e molte altre.

In Italia, i promotori della Robin Hood Tax si sono riuniti nella Campagna ZeroZeroCinque, si tratta, tra gli altri, di Acli, Arci, Adiconsum, Amref, Attac, Azione Cattolica, Banca Etica, CGIL, CISL, Lega Ambiente, Libertà e Giustizia, ManiTese, Sbilanciamoci, WWF etc. In concreto, la loro proposta è quella di una mini tassa dello 0,05% su tutte le transazioni finanziarie.

Ma la tassa sulle transazioni finanziarie non è un’invenzione della società civile, né è soltanto l’associazionismo a richiederla. A parte James Tobin, fu lo stesso John Maynard Keynes che nel 1936, nella sua “Teoria Generale dell’Occupazione, dell’Interesse e della Moneta”, scrisse:

«The introduction of a substantial government transfer tax on all transactions might prove the most serviceable reform available, with a view to mitigating the predominance of speculation over enterprise in the United States» [Capitolo 12, Parte VI]

Non suona poi così strano allora se nella lettera indirizzata ai ministri delle finanze in occasione del G20 di Washington nell’Aprile 2011, si trovano le firme di oltre mille economisti, tra cui Joseph Stiglitz, Paul Krugman, Jeffrey Sachs, Dani Rodrik e Ha-Joon Chang. La lettera rinnova la proposta di una Robin Hood tax dello 0,05% su tutte le transazioni finanziarie.

L'obiettivo primario di una tassa sulle transazioni finanziarie è quello di disincentivare la speculazione finanziaria degli investitori a breve e brevissimo termine. Sebbene si tratti di un'imposta da applicarsi su ogni tipologia di transazione, la Robin Hood tax andrebbe a colpire maggiormente gli investimenti destabilizzanti divenendo invece quasi irrilevante per investimenti di lungo periodo basati sui fondamentali. Più lunga la durata dell'investimento, minore sarà l'incidenza della tassa. Il risultato auspicato è quindi quello di ridurre l'instabilità e la volatilità dei mercati.

Inizialmente la Commissione Europea ha trattato l’argomento Robin Hood Tax con molto scetticismo, solo recentemente si sono fatti studi più seri per comprenderne la fattibilità. La versione europea della Robin Hood tax attualmente in discussione sarebbe capace di creare un gettito superiore ai 30 miliardi di euro all’anno. Sia il cancelliere Tedesco Angela Merkel che il Presidente francese Nicolas Sarkosy si sono fatti più che possibilisti al riguardo. Le voci dissidenti sono invece quelle dell’ormai ex presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet e del primo ministro inglese David Cameroon. La loro argomentazione primaria è da tenere in dovuta considerazione. I due fanno presente che una tassa sulle transazioni finanziarie presente soltanto in Europa potrebbe ulteriormente scoraggiare gli investimenti nel nostro continente e si dicono disponibili all’introduzione di una tassa alla Robin Hood solo se prevista a livello globale.