In base al lavoro di Greiner, le imprese che stanno affrontando un percorso di espansione passano attraverso cinque differenti fasi di sviluppo che si caratterizzano ognuna per l’avvicendarsi di un momento di evoluzione e di uno di rivoluzione. Con il termine “evoluzione” Greiner intende descrivere lunghi periodi di crescita, durante i quali non vi sono sovvertimenti relativi alle impostazioni organizzative; con il termine "rivoluzione” indica invece periodi di grave sconvolgimento per l’impresa.

Secondo l’autore ogni fase di evoluzione genera la successiva rivoluzione.
Ed è nei momenti di crisi della crescita che è più opportuno e conveniente intervenire per analizzare, consigliare, prevenire, allertare. Infatti è in questi periodi che l’imprenditore e il management hanno la possibilità di interiorizzare, comprendere e cercare di far proprie le necessità gestionali e manageriali emerse, nell’ottica di non arrestare la propensione alla crescita che l’impresa sta dimostrando.

Greiner ritiene che ogni fase sia notevolmente influenzata da quella antecedente e che di conseguenza una conduzione vigile e sensibile alla storia dell’impresa possa risultare in grado di anticipare la successiva crisi evolutiva e permettere di organizzarsi con l’obiettivo di fronteggiarla.

Il perno su cui fare leva per ottenere risultati positivi risiede nelle struttura organizzativa dell’impresa, nella sua storia e nelle storia della sua evoluzione. Infatti, l’incapacità del gruppo dirigenziale di comprendere i problemi di crescita dell’impresa può portare ad una immobilizzazione di una fase evolutiva o addirittura ad un esito negativo della stessa.

In questo modello si impone quindi un’ottica sostanzialmente longitudinale dell’impresa, con l’avvicendamento temporale di fasi di evoluzione e rivoluzione che riesce a far venire a galla questioni problematiche che si correrebbe il rischio di non vedere se si utilizzasse una visione statica.

Quello che nel breve costituisce un chiaro vantaggio per l’impresa in un determinato momento della vita stessa dell’impresa è fatalmente portato a diventare con il passare del tempo un impedimento ai mutamenti necessari all’impresa e quindi un ostacolo alla crescita e al successo. Ciò che oggi risolve un problema (effetto positivo) in seguito fornirà i presupposti per un problema cui far fronte in futuro (effetto negativo).
In quest’ottica è di grande interesse sottolineare come ogni stadio di evoluzione sia contemporaneamente risultato della fase antecedente e ragione di quella seguente.

Vengono individuati cinque fattori necessari all’analisi di quello che viene identificato come un modello di dinamica organizzativa e sono:
- l’età dell’impresa;
- le dimensioni dell’impresa;
- i periodi di evoluzione;
- i periodi di rivoluzione;
- il tasso di sviluppo del settore industriale.

Le diverse fasi di evoluzione sono ognuna contraddistinta da modalità di gestione peculiare, adatta nello specifico a incoraggiare e facilitare lo sviluppo. Al contrario ogni fase di rivoluzione è contrassegnata da particolari problematiche di natura gestionale che devono essere necessariamente risolte affinché lo sviluppo dell’impresa possa procedere regolarmente. Viene inoltre operata una differenziazione sulla durata che lefasi possono avere utilizzando come criterio quello del settore di riferimento. Quelli a sviluppo più rapido hanno in media fasi di durata temporale minore, mentre le imprese operanti in settori a sviluppo più lento e graduale necessitano di periodi più lunghi per passare da una fase a quella
successiva.



La prima fase individuata nel modello è quella della creatività.
Caratterizza le imprese di giovane età, in cui l’impegno da parte del management è rivolto principalmente alla creazione di un prodotto e di un mercato. Questo porta ad una crisi di leadership o di comando dovuta ai conflitti fra i capi sul chi debba guidare l’impresa fuori dalla confusione e risolverne i problemi.
La soluzione è la crescita tramite autorità, grazie all’introduzione di una struttura organizzativa funzionale che separi le attività produttive da quelle commerciali e sfrutti in modo più efficace l’energia dei dipendenti ai fini dello sviluppo. Queste metodologie direzionali risultano però inadatte ad un’impresa di maggiori dimensioni, complessa e diversificata, problematiche queste che portano ad una crisi di autonomia.
Al suddetto bisogno si deve rispondere con una struttura decentrata a livello organizzativo tramite la delega. Proprio per questo si arriva ad una crisi di controllo in cui l’alta direzione perde il polso della situazione o per lo meno questa è la sua sensazione.

Nella fase successiva l’evoluzione è contraddistinta da metodi formali finalizzati al coordinamento che permettono di razionalizzare le risorse dell’impresa. Questi nuovi sistemi di coordinamento appesantiscono però la struttura, portando ad una crisi burocratica con un incremento della reciproca mancanza di fiducia fra organo centrale e unità decentrate. L’ultima fase è caratterizzata dalla collaborazione interpersonale dove il controllo formale è fondato sul controllo sociale e l’autodisciplina. Greiner termina qui la sua analisi, interrogandosi su quale rivoluzione seguirà questo periodo di evoluzione e suggerendo la possibilità che sia la saturazione psicologica del personale la problematica maggiore che dovrà essere affrontata.