Amancio Ortega Gaona, creatore e proprietario del marchio Zara, è nato nel 1936 a Busdongo de Arbas, un borgo di 1.300 persone a cavallo fra León e le Asturie. Ultimo di quattro fratelli, suo padre faceva il ferroviere e la madre era casalinga; in casa si viveva con un solo stipendio. Fin dalla prima infanzia è cresciuto in un ambiente dignitoso ma senza lussi e sprechi. Nei primi anni cinquanta il padre venne trasferito a La Coruña per lavoro, e fu nella città galiziana che el Peniques cominciò a lavorare, a 14 anni e con in tasca la licenza media.
Inizialmente fece il fattorino di una delle più eleganti sartorie della zona, la Maja, che in spagnolo significa “la Bella”. Recapitava in bicicletta camicie, giacche e cappotti a noti imprenditori di tutta La Coruña. Il giovane Ortega guadagnava così le sue prime pesetas, ma la sua ambizione era un'altra: all'inizio degli anni Sessanta fece tre cose, tutte e tre decisive. Sposò Rosalia, che di mestiere era modellista alla Maja, convinse il direttore di filiale del Banco Pastor, nota banca locale, a concedergli un fido di 50 mila pesetas (25 mila euro attuali) e si mise in proprio fondando la Goa S.A. (che non è altro che il suo acronimo alla rovescia).
In principio cominciò a produrre mutande e accappatoi, poi gli venne un'idea geniale: copiare spudoratamente le collezioni dei marchi più noti e prestigiosi, confezionando abiti di bassa qualità ma con un indiscutibile pregio, il prezzo stracciato. Caratteristica che nella Spagna franchista di quegli anni, povera e con un'economia stagnante, trovò subito apprezzamento.
Quando si trattò di inventare un nome per commercializzare i suoi prodotti (sempre confezionati a basso costo anche grazie al massiccio ricorso al lavoro a domicilio), Ortega pensò a “Zorba” ma al registro delle società commerciali gli dissero che, no, non si poteva, Zorba era un marchio già registrato. “Che si fa?” chiese l'impiegato del registro? “Boh, facciamo Zara” rispose Ortega.
Nel 1975 aprì il suo primo negozio di 350 metri quadrati nella strada principale della Coruña chiamata calle Juan Florez e, per attirare i clienti riempì la vetrina di polli e conigli; i passanti, incuriositi, entrarono. Quella fu la sua prima, e unica, campagna pubblicitaria.
In questo primo negozio si poteva già trovare abbigliamento per uomo, donna e bambino a prezzo medio/basso e di qualità media.
Da questo momento in poi Ortega crea un vero e proprio impero che lo porterà ad essere oggi l’uomo più ricco di Spagna con un patrimonio personale stimato dalla rivista Forbes26 in 9,2 miliardi di dollari; con il suo gruppo Inditex (4,6 miliardi d’euro di fatturato e oltre 40 mila dipendenti) è l'imprenditore più importante di tutta la Spagna. Ma quella di Ortega, che ha costruito letteralmente dal nulla il terzo gruppo tessile a livello mondiale ed è conosciuto soprattutto per il marchio Zara, non è solo una straordinaria storia imprenditoriale, ma un vero e proprio mistero. Di lui, infatti, si conosce solo un’immagine: una foto formato tessera, scattata in un gabbiotto automatico, che Ortega fu letteralmente costretto ad allegare alla richiesta di quotazione in borsa della Inditex27. Nessuna intervista, ne comparse televisive. Al numero 54 di rua de Villar, a Santiago de Compostela, dove ha sede la Confederación empresarios de Galicia, non è mai passato e pare non sia nemmeno iscritto; e anche per le organizzazioni a cui è iscritto come la Ceoe (la Confindustria spagnola) Ortega è una sorta di fantasma: “Non ha, né ha mai avuto, alcun incarico” ricorda un portavoce madrileno dell'organizzazione.
Tuttavia questo non ha limitato l’espansione del suo impero che ha sempre seguito una strategia particolare chiamata dagli spagnoli “a mancha de aceite” che tradotto in italiano significa a macchia d’olio.
La catena si estese e consolidò in tutte le città con almeno 100.000 abitanti fino ad arrivare a 82 negozi alla fine degli anni ottanta.
Il modello commerciale di Inditex è caratterizzato, rispetto ad altri modelli sviluppati da concorrenti internazionali, da un elevato grado d’integrazione verticale in cui si portano a compimento tutte le fasi del processo della moda: disegno, realizzazione, logistica e distribuzione nei negozi propri. Dispone di una struttura flessibile e di un forte orientamento verso il cliente in tutte le sue aree d’attività.
Il nucleo di questa organizzazione è il negozio, uno spazio progettato in modo accurato e pensato per rendere piacevole l’incontro della clientela con la moda. È qui che si ottengono le informazioni necessarie per modulare l’offerta secondo le richieste della clientela.
La chiave di questo modello è la capacità di adattare l’offerta ai desideri della clientela nel minor tempo possibile. Inditex reputa il tempo il fattore principale da prendere in considerazione, ancor prima dei costi di produzione.
Alla fine degli anni ’60 tale nuovo metodo di produzione inizia ad essere adottato in USA dove viene coniato il termine JIT (just in time). Più che un metodo, questa è una vera e propria filosofia di lavoro, dove le lavorazione a valle tirano la produzione, sollecitano di fatto la preparazione di quanto serve sul momento (non esiste altra programmazione che il prelievo dei componenti da parte di un reparto a valle). Implementare il JIT richiede molti più sforzi e disciplina di quanto ne richieda la lean manufacturing, (fabbricazione snella) modalità produttiva, più soft, meno drastica, derivata dal just in time. Il teorizzatore di questo sistema è l'ing. Taiichi Ohno.
Il successo delle collezioni si basa sulla capacità di riconoscere i costanti cambiamenti nelle tendenze della moda, disegnando in ogni momento nuovi modelli che rispondano ai desideri della clientela. Inditex sfrutta la flessibilità del proprio modello commerciale per adattarsi ai cambiamenti che possono intervenire durante le campagne ed in tal modo reagire con nuovi prodotti disponibili nei negozi nel più breve tempo possibile.
La flessibilità è quindi fondamentale ed è per questo che si incaricano imprese di manifattura vicine capaci di incorporare le ultime tendenze: non solo devono essere flessibili per quanto riguarda gli ordini ma anche per quanto riguarda l’intera produzione nel caso in cui i tagli dei capi si ritenessero sbagliati e riuscire a bloccare la produzione in maniera immediata per rinnovare istantaneamente in prodotto.
Maggiore è la flessibilità rispetto a questi parametri maggiore è l’abbattimento dei costi per l’azienda che in caso contrario avrebbe delle perdite enormi.
Nell’anno 1988 vi fu il vero inizio dell’espansione del gruppo Inditex all’estero. Infatti, con un totale di 98 punti vendita, il mercato di casa risultava saturo e si doveva cercare un modo di rilanciare il prodotto per risollevarlo dalla situazione di maturità raggiunta nel mercato spagnolo.
Gli anni novanta si caratterizzarono per la continua espansione internazionale, specialmente della catena Zara che continuava a guadagnare prestigio.
Il processo può essere diviso in due tappe: la prima fino al 1997 che si caratterizza per le aperture di uno o due negozi all’anno in Paesi come Messico, Grecia, Belgio, Svezia, Malta, Cipro, Norvegia e Israele. La seconda, con inizio dal 1998, dove si tenta di consolidare la crescita attraverso l’apertura massiva di altri negozi in Europa (Regno Unito, Germania, Polonia, Andorra, Austria e Danimarca), Sud America (Argentina, Venezuela, Brasile, Cile, Uruguay), Oriente (Kuwait, Libano, Turchia, Arabia Saudita, Bahrein, Dubai e Qatar) e Asia (Giappone).
Questa strategia di crescita ha portato Inditex in pochi anni a diventare una Holding di imprese molto importante nel gruppo tessile sia a livello nazionale che internazionale. Il gruppo Inditex, S.A., raggruppa 17 società di fabbricazione, 17 di commercializzazione, senza contare le altre imprese fuori dal mondo del tessile che rappresentano una minoranza.
Nel frattempo la linea di espansione proseguiva e nel 1990 si aprirono i primi negozi a New York e a Parigi, punti strategici per il mercato della moda ma soprattutto rappresentavano un punto di partenza chiave per la conquista dell’America e dell’Europa.