Tenendo fede al proposito già dichiarato nei mesi precedenti di spostare l'asse della tassazione verso l'imposizione indiretta, ossia sui consumi, il Governo tecnico ha nei giorni scorsi presentato il Ddl stabilità che prevede un aumento di un punto percentuale delle due aliquote Iva maggiori: la ridotta, che passerà dal 10 all’11% e la ordinaria, dal 21 al 22%. Un aumento dimezzato rispetto a quanto proposto in precedenza.

Ogni modifica al disegno di un'imposta porta ad una variazione nel suo impatto distributivo, variazione che può intensificare o ridurre la progressività (o regressività) dell'imposta. L'Iva è classificata tra le imposte regressive, ossia gravanti relativamente di più sui poveri che sui ricchi, pertanto è importante cercare di capire quale effetto provocheranno le modifiche annunciate.
La domanda da porsi è se la riforma dell'Iva promessa ne intensificherà la regressività, colpendo ancor di più le fasce deboli della popolazione già provate dalla lunga crisi economica.

Con alcune delle simulazioni condotte nella tesi da cui deriva questo breve intervento si è cercato di dare una risposta a questa domanda, quando le intenzioni del Governo erano di aumentare le aliquote di due punti.
Il risultato è stato che una modifica di quel tipo al disegno dell'imposta avrebbe causato un aumento della regressività a danno delle famiglie a basso reddito, l'incidenza percentuale sul reddito di ognuna di esse sarebbe cresciuta di più rispetto a quella di una famiglia ricca (il differenziale era di circa mezzo punto in più, 1,33 contro 0,84%). È dunque chiaro che lo stesso si verificherà se e quando entrerà in vigore la riforma oggi discussa, anche se con differenziali diversi.
Decisamente una brutta notizia data la situazione, tanto più grave perché un nucleo familiare povero incontra grosse difficoltà a modificare i propri acquisti, dato lo scarso budget a disposizione.
Interessante sarebbe, a questo punto, valutare l’effetto netto dato dalla contemporanea riduzione delle aliquote Irpef inferiori.

È possibile tuttavia considerare la questione da una prospettiva che ribalta le conclusioni . Per adottarla è necessario assumere per un attimo che il reddito non sia più la migliore variabile per descrivere il benessere economico di una famiglia. Esistono diverse e valide ragioni in letteratura (per un approfondimento si rimanda alla lettura della tesi) che suggeriscono di impiegare il consumo come variabile di misura del benessere e della capacità contributiva.
“Leggendo” l'Iva non più in rapporto al reddito ma bensì al consumo e ordinando le famiglie in ordine crescente rispetto alla loro spesa annuale, l'imposta risulta progressiva. Ciò dipende dalla diversa composizione dei panieri di consumo scelti dalle famiglie in base alle loro possibilità economiche e dalle differenti aliquote applicate sulle varie tipologie di beni.

Adottando questa prospettiva è facile rendersi conto che un aumento dell'aliquota più alta dal 21 al 22% provocherà un aumento progressivo, più avvertito dai ricchi che dai poveri, in quanto questa aliquota grava su beni considerati di lusso o, comunque, non di prima necessità, che costituiscono una quota limitata dei consumi dei meno abbienti.

Tuttavia il contemporaneo aumento dell'aliquota intermedia complica le cose. L'aliquota ridotta grava infatti su beni quali carne, pesce, utenze, zucchero e altri che costituiscono parte considerevole del paniere delle famiglie povere. Le simulazioni condotte nella tesi, basate su un aumento delle due aliquote di due punti, hanno mostrato che il risultato finale sarebbe comunque un aumento dall’effetto debolmente progressivo. E' plausibile ritenere che lo stesso si verificherà con l'aumento di un solo punto.

Quale che sia la variabile preferita, reddito o consumo, un'analisi di questo tipo presenta sempre il limite della staticità, ossia ipotizza che la variazione dell'imposta non influisca sui livelli e sulle scelte di consumo. Rimossa questa ipotesi – plausibile per aumenti di lieve entità, meno per quelli più consistenti – si renderebbe necessario approfondire lo studio, cercando di stimare con un modello dinamico in che modo le nuove aliquote influiranno al momento degli acquisti (compro questo prodotto invece che quell'altro, oppure spendo meno e risparmio di più), per ottenere una previsione più realistica.

Immagine: fonte http://www.freeopinionist.com