La catena di alberghi a 4 stelle presente nei principali capoluoghi di regione italiani e nelle capitali nord europee (Parigi, Bruxelles ed Amsterdam), ha attivato i Circoli di Qualità all’interno dei propri esercizi. Jolly Hotels ha orientato la sua politica di sviluppo su una forte espansione sul territorio sostanziatasi in alberghi di proprietà, in gestione e in franchising. Questa strategia ha permesso di conseguire il consolidamento del marchio ed il riconoscimento, da parte del mercato, di un'indiscussa leadership nel turismo d'affari. Allo stesso tempo, Jolly Hotels ha provveduto a potenziare il suo posizionamento nei segmenti leisure e congressuale. Per la verità, il processo di rinnovamento in Jolly Hotel è cominciato agli inizi degli anni Ottanta, proprio attraverso la constatazione di quella progressiva perdita di competitività di cui prima si è fatto cenno. L’abbassamento del livello di professionalità che parallelamente si era manifestato, indusse l’impresa a dar vita ad un piano triennale di formazione dei quadri manageriali. Seguiva, a distanza di poco tempo, un ulteriore triennio di formazione interna, con l’obiettivo di preparare i responsabili dell’azienda a svolgere le proprie funzioni in termini sempre più manageriali. La decisione di procedere a questo massiccio programma di formazione seguiva alla constatazione, da parte del vertice aziendale, dell’esistenza di punti deboli, elencati qui di seguito: carenza di comunicazione tra vertice e base a livello sia aziendale che di reparto; insufficiente leadership dei responsabili di esercizio e di reparto; assenza pressoché totale di delega e di motivazione all’interno dei singoli reparti; scarsa interazione tra reparti e tra addetti di ogni singolo reparto. Emergeva chiaramente la necessità di dare priorità al rilancio della struttura di regia degli esercizi alberghieri; infatti, precedentemente, i direttori d’albergo e i capi servizio si erano rinchiusi in una gelosa difesa delle proprie prerogative, accentuando, quasi per reazione, la tendenza a uno stile di conduzione autoritario.
La formazione ha avuto per obiettivo di richiamare i valori insiti nello stile di conduzione democratico, cioè l’autorevolezza invece dell’autoritarismo, la insostituibile funzione della delega e del coinvolgimento in contrapposizione a una gestione di tipo verticale, il miglioramento del clima aziendale quale presupposto per una maggiore interazione dei reparti. Le resistenze all’azione formativa sono state molteplici e tali da spiegare il perdurare dell’azione stessa: in primo luogo la mentalità fortemente conservatrice degli addetti impediva agli stessi di cogliere prontamente le opportunità offerte dal cambiamento; in secondo luogo l’insicurezza dei capireparto li rendeva diffidenti verso il nuovo stile di conduzione indicato; in terzo luogo, il taglio fortemente manageriale conferito alla formazione mal si conciliava con il tipo di approccio dei problemi, istintivo ed empirico, fino ad allora praticato. Al termine del processo formativo, potevano trarsi le seguenti conclusioni: una buona parte del management praticava uno stile di leadership più moderna, caratterizzata da una maggiore propensione all’ascolto dei collaboratori, da un più ampio sistema di deleghe, dalla promozione dell’impegno individuale attraverso la motivazione; questo salto di qualità nello stile di comportamento non era, peraltro omogeneo: in particolare a livello di meddle management s’individuavano ancora sacche di residuo autoritarismo e con esse la tendenza al rifiorire di radicate abitudini e tradizioni sorpassate; in alcuni casi limite appariva addirittura evidente che il messaggio formativo lanciato dall’impresa non riusciva a filtrare oltre la soglia dei caposervizio, vanificandosi con ciò l’intento di migliorare il clima aziendale mediante introduzione di forme di conduzione manageriale più moderna. A questo punto apparivano evidenti due conclusioni: all’azione formativa intrapresa una quota parte, anche se limitata, del management aveva riposto in modo negativo e comunque non del tutto positivo e ciò per ragioni di età, di cultura, di difficoltà ad accettare il cambiamento;occorreva, a questo punto, non perdere le occasioni offerte dal normale turnover per immettere nei quadri aziendali nuove forze rigorosamente in linea con i valori in via di diffusione.
Sul piano operativo pratico queste conclusioni si sono tradotte in un’attenzione nuova per le persone che si accingono a entrare in azienda, attenzione per la loro creatività, per la capacità di ciascuno di trovare soluzioni, per la naturale tendenza a lavorare in gruppo, per la capacità di prestare attenzione agli altri, per la spontanea adesione ai valori propri della cultura aziendale.
Il vertice dell’impresa aveva, in altre parole, identificato nello sviluppo delle risorse umane uno dei fattori strategici determinanti per il successo aziendale.
Attorno a questa presa di coscienza, le scelte e le politiche della Compagnia si sono mosse in modo coerente; oltre, come già accennato, al più scrupoloso screening dei nuovi assunti, ci si è soffermati più attentamente sulla valutazione del potenziale della forza lavoro per individuare elementi da coinvolgere nello sviluppo organizzativo dell’impresa. Parallelamente si procedeva all’istituzione di sentieri di carriera per far acquisire, attraverso successivi trasferimenti presso realtà aziendali diverse, la più completa formazione agli uomini destinati in futuro a diventare elementi di punta dell’organizzazione. Il nuovo contratto aziendale consente di avere un utilizzo più flessibile della manodopera negli esercizi della Compagnia, garantendo così al cliente un servizio più efficiente. Accanto a una quota fissa di salario sono state corrisposte delle quote variabili in funzione del raggiungimento di determinati obiettivi di fatturato da parte delle singole aziende alberghiere; il tutto accompagnato da un sistema di periodiche consultazioni tra Direzione aziendale e rappresentanze sindacali, le quali vengono informate del raggiungimento degli obiettivi di produzione in funzione della liquidazione dei premi.
Quanto è stato detto dà l’idea del lungo lavoro preparatorio svolto dalla compagnia negli anni Ottanta, in vista dell’introduzione dei Circoli di Qualità. Sintetizzando si può dunque affermare che: i Circoli di Qualità, proprio perché propongono un cambiamento della tradizionale concezione della prestazione lavorativa, attraggono principalmente i giovani, che al cambiamento sono naturalmente predisposti, e anche qualcuno dei meno giovani, nella misura in cui conserva la freschezza necessaria a mettersi in discussione e quindi a cambiare.