Nel Dicembre del 1920, una rivista motociclistica annunciava la prossima comparsa della «Moto Guzzi», una motocicletta progettata con criteri tecnici, stilistici e funzionali nuovi e singolari.
Il 15 marzo del 1921, infatti, con un capitale di 500.000 lire viene costituita a Mandello del Lario la «Società Anonima Moto Guzzi». Sono i primi passi di un’avventura leggendaria, l’esordio di un marchio che attraverserà il secolo ad ali spiegate. Soci dell’impresa sono Emanuele Vittorio Parodi, noto armatore genovese, il figlio Giorgio e l’amico Carlo Guzzi, suo ex commilitone nell’aeronautica Militare e grande appassionato di moto.
Negli anni della prima guerra mondiale le motocicletta era già un prodotto affermato e un redditizio affare industriale, nonché un veicolo abbastanza efficiente, come dimostra il largo uso che se ne fece durante il conflitto. Alcuni grandi marchi dell’epoca sono giunti fino ai giorni nostri: la casa inglese «Triumph», l’americana «Harley-Davidson», la francese «Peugeot», l’italiana «Gilera» sono solo pochi esempi.
Anche se abbastanza efficiente e industrializzata nella produzione, la motocicletta rimaneva pur sempre un mezzo tutto particolare, il cui uso richiedeva grande passione, competenza e spirito di sacrificio: anche solo mettere in moto una delle prime due ruote era un’impresa; la lubrificazione del motore era manuale (con pompe a mano) con risultati devastanti per l’abbigliamento, danneggiato anche dalla catena della trasmissione primaria scoperta (per i pantaloni infatti erano d’obbligo le fasce mollettiere). Andare in moto richiedeva un sorta di atto di eroismo, ed era chiaro, se si voleva che la motocicletta diventasse veramente un veicolo alla portata di tutti, che si
dovessero cambiare parecchie cose, sia nel suo disegno che nella realizzazione.
Queste furono le intenzioni di Carlo Guzzi quando ideò la sua moto, una macchina non rivoluzionaria nel senso corrente del termine, poiché quasi tutte le soluzioni che racchiudeva erano state sperimentate e riconosciute per valide, ma non erano mai state riunite in una sola creazione.
La moto che aveva in mente quando dovette partire per la guerra aveva un motore a quattro tempi di cinquecento centimetri cubici, cilindrata allora giudicata medio-piccola, ma in grado di fornire prestazioni sufficienti per le esigenze della grande massa dei potenziali clienti. Il cilindro era orizzontale, rivolto in avanti, così da offrire la testata (il punto più caldo del motore) direttamente al vento della corsa. Tale propulsore avrebbe avuto un grande volano esterno, per ridurre drasticamente le vibrazioni e consentire un disegno più compatto e robusto del manovellismo e del carter. Altra perla per la longevità e la resistenza alla fatica dei vecchi monocilindrici Guzzi risiedeva proprio nella loro abbondante e razionale lubrificazione, integrata da un serbatoio dell’olio in ottima posizione per essere raffreddato. Infine, per alloggiare un motore orizzontale e dunque così poco sviluppato in altezza, Guzzi pensò ad un telaio basso, così da migliorare la stabilità della moto ed il confort del guidatore, che poteva assumere una posizione quasi fosse seduto su una poltrona.
Destino volle che Carlo Guzzi sotto le armi, in quella neonata Aeronautica che tanto fascino esercitava sui giovani, divenne amico di due ufficiali piloti, giovani come lui e come lui appassionati di meccanica: Giorgio Parodi, figlio di un armatore genovese e Giovanni Ravelli, figura nota nell’ambiente delle corse motociclistiche d’anteguerra, come corridore fra i più dotati di talento. Fra i tre commilitoni si instaurò presto grande confidenza, in nome della comune passione per le motociclette e per il volo; Carlo Guzzi mise gli amici a conoscenza del suo progetto e tutti assieme decisero che, alla fine della guerra, avrebbero costituito una società e fondato un’industria motociclistica basandosi sulle idee tecniche di Guzzi, sul capitale di Parodi e sulla forza propagandistica di un pilota come Ravelli. Il giovane corridore però morì pochi giorni dopo la fine della guerra in un incidente di volo, e fu in suo ricordo che il marchio Moto Guzzi venne poi sovrastato dal simbolo dell’Aeronautica: l’aquila ad ali spiegate.
Il primo prototipo venne realizzato nella cantina di casa Guzzi, con l’aiuto del fabbro di Mandello del Lario (Giorgio Ripamonti); denominata «G.P.», con le iniziali dei due soci (Guzzi e Parodi), la prima aquila di Mandello del Lario è una monocilindrica da 500 cc, con distribuzione in testa a quattro valvole. Un modello che trae numerosi spunti dalla tecnica motoristica aviatoria, ben conosciuta dal progettista. Già rivoluzionaria e in netto anticipo sui tempi, la «G.P.» deve subire alcune modifiche prima di trovare la versione definitiva.
In seguito Giorgio Parodi per evitare, a quanto si disse, che il nome del prototipo venisse confuso con le sue iniziali, e per una forma di riserbo comprensibile a chi conosca la ritrosia dei capitalisti liguri, volle introdurre la denominazione «Moto Guzzi», che assunse il valore di marchio commerciale. Nasce così nel 1921 la «Società Anonima Moto Guzzi» con la prima motocicletta di serie: la «Normale». Evoluzione commerciale del primo prototipo «G.P.», la «Normale» montava un monocilindrico orizzontale di 500 cc, con distribuzione in testa a due valvole, aveva una potenza di 8 CV e raggiungeva una velocità massima di 80 km/h.
In quegli anni il sistema classico per propagandare una motocicletta, che era pur sempre un veicolo sportivo, erano le corse. Si trattava quasi sempre di gare di lunga durata su strada. Attraverso le competizioni la motocicletta valicava i confini nazionali, facendosi conoscere dagli acquirenti stranieri, mentre, grazie alle buone prestazioni, il pubblico casalingo imparava ad apprezzarla e a considerala alla stregua delle marche straniere già affermate.
Così la Moto Guzzi decide di scendere in pista; la competizione è il «Raid Nord-Sud», sul massacrante percorso Milano-Napoli. Partecipano due Guzzi, ma la classifica finale che segna un ventesimo ed un ventunesimo posto, non è esaltante. Tuttavia l’appuntamento con la vittoria è solo rimandato. Dopo appena trenta giorni, il 25 settembre 1921, la Moto Guzzi conquista il suo primo alloro, vincendo la «Targa Florio» con Gino Finzi. Si inaugura una serie di impressionanti successi che dureranno ininterrottamente fino al 1957 (anno di ritiro dalle corse). Nel ricchissimo palmares Guzzi figureranno ben undici «Tourist Trophy», quattordici titoli Mondiali, cinquanta titoli tricolori, undici primati di velocità e una cinquantina di titoli di regolarità, per un totale di 3329 successi.
Le prime vittorie funzionano come cassa di risonanza e aumentano le richieste da parte del mercato. Nel 1921 vengono costruite diciassette moto del modello «Normale» al prezzo di 8.500 lire.
La produzione da artigianale si trasforma in industriale e viene costruito uno stabilimento dell’area di 300 mq alle pendici della Grigna, in cui lavorano diciassette operai.
Da lì a poco un altro Parodi, l’ingegnere Angelo, cugino di Giorgio, entra nell’impresa e i compiti vengono definitivamente assegnati: a Carlo Guzzi, cui si unirà poco dopo il fratello Giuseppe, la parte tecnica dell’impresa, ai Parodi quella amministrativa. Diversi per molti aspetti, i due soci storici erano accomunati da un certo senso della lesina che indubbiamente contribuì a tenere in piedi la ditta nei momenti difficili. Giorgio Parodi era irruente ed impulsivo, amava le corse e non esitava a provare le macchine sui più impegnativi circuiti, anche a costo di spettacolari cadute. Carlo Guzzi, invece, era riservato, pacato e, dicono, anche un po’ testardo. Secondo lui si doveva provare tutto, ma nel chiuso dei laboratori.