“L’Illva di Saronno, proprietà della famiglia Reina di Saronno, nacque circa un secolo e mezzo fa dal negozio di coloniali del capostipite Domenico147”. Insieme al prodotto di punta, che è il Disaronno originale, l’azienda possiede i marchi Zucca, Artic, Limonito, Mandarino, Florio e, dal 2001, Vini Corvo. Il gruppo Illva di Saronno ha anche una fortissima penetrazione nei prodotti dolciari e nei semilavorati per gelateria. La strategia aziendale è quella di puntare sempre di più all’export, che già copre il 60% dei ricavi del gruppo, per la liquoreria e il Marsala in particolare, e di consolidare invece il mercato interno per il settore vinicolo e dolciario. Nel comparto vinicolo Illva si è messa in luce nel 1998 per avere acquistato la totalità della proprietà delle Cantine Florio di Marsala, la cui produzione è incentrata sul Marsala di alta qualità e dal più lungo invecchiamento. Di recente, tra l’altro la società ha deciso di entrare nel segmento di mercato dei vini di qualità diversi dal Marsala producendo moscati di Sicilia, non passiti, che nascono dalle uve zibibbo dell’isola di Pantelleria. La principale operazione che ha interessato il gruppo Illva di Saronno nel settore vinicolo è stata:
- nel 2001 l’ Illva di Saronno è riuscita ad acquistare l’azienda siciliana Duca di Salaparuta.
L’industria vitivinicola nazionale ed internazionale si è mostrata particolarmente in fermento negli ultimi anni. Le operazioni di acquisizione si susseguono e hanno per oggetto vigneti ma anche marchi o rami di attività, considerati strategici per riorganizzare il portafoglio. “Molto frequenti sono anche le joint venture o comunque gli accordi, a volte di produzione, spesso di distribuzione, ma sempre comunque volti a razionalizzare ed ottimizzare l’offerta, con lo scopo ultimo di trovare formule produttive e commerciali per entrare in nuovi mercati149”. Sollecitata dall’esigenza di diversificare il proprio portafoglio, l’industria degli alcolici ha intanto intensificato le interrelazioni con l’industria vitivinicola. Il fenomeno, già analizzato nei capitoli precedenti, si è sentito soprattutto a livello internazionale, e ha avuto manifestazioni anche in Italia.
Concentrando l’attenzione esclusivamente sul settore italiano, si può affermare che una delle principali mete di queste operazioni di acquisizione è stato il meridione d’Italia e in particolare la Sicilia. Il Sud d’Italia ha continuato ad attrarre investimenti di aziende italiane e non, “desiderose di ampliare la piattaforma varietale usufruendo di condizioni climatiche adatte ad ottenere qualità e di condizioni produttive più economiche, ma soprattutto sfruttando l’immagine che quest’area della Penisola è riuscita a conquistarsi all’interno e all’esterno con l’appeal dei suoi vitigni autoctoni150”. L’industria vitivinicola meridionale ha infatti compiuto grandi sforzi per aumentare la propria competitività e per farsi conoscere sul mercato nazionale e internazionale, puntando sulla riscoperta delle grandi potenzialità dei vitigni locali, come il Nero d’Avola, Negroamaro, Primitivo, Fiano e Aglianico. Questo non significa che il Sud sia diventato solo una terra di conquista. Anche l’industria locale, infatti, è stata protagonista di un processo di rinnovamento: le aziende hanno stipulato joint venture o accordi commerciali con l’estero, hanno creato nuovi marchi appositamente per i mercati internazionali, studiando il packaging per renderlo più innovativo, e hanno cominciato ad unirsi per rafforzarsi. È un ribaltamento di immagine che fa emergere “una realtà industriale vivace e al passo con i tempi, ancora piccola in termini di volumi coinvolti, ma battistrada per quei milioni di ettolitri di vino sfuso ancora in cerca di identità”.
In Sicilia in particolare gli investimenti sono partiti nel 1997. In quell’anno Zonin ha acquistato la tenuta del Feudo del principe di Riesi in provincia di Caltanisetta, mentre l’azienda vitivinicola Fontanelle Srl di Vicenza, con azionista di maggioranza Paolo Marzotto, si è costituita mediante conferimento, tra l’altro, dell’azionista Antonio Palizzolo di Ramione, in provincia di Palermo. Ma gli investimenti di Paolo Marzotto in Sicilia non si sono fermati qui. Nel 1999, nella Linfa Srl, di cui è azionista di maggioranza, è stata conferita una proprietà agricola in località Baroni, a Pachino, in provincia di Siracusa. Sempre sul finire degli anni novanta, in particolare nel 1998, GIV Sud ha concluso in Sicilia una joint venture con l’azienda Rapitalà acquisendone il 51% del capitale, mentre l’Illva Saronno ha concentrato nelle sue mani l’intera proprietà della Florio di Trapani, fino ad allora divisa equamente con Cinzano. Dopo gli investimenti di Zonin, Paolo Marzotto, GIV Sud e Illva Saronno, realizzati tra il 1997 e il 2000, l’interesse degli imprenditori centro-settentrionali per la Sicilia è stato confermato anche all’inizio del nuovo millennio. Nel 2001 e 2002 protagonisti di operazioni di vario genere sono state Mezzacorona e Nomi, entrambe trentine, Montalcino Invest e Antonio Moretti, della Toscana, di nuovo Illva Saronno, Santa Margherita e i Girasoli di Sant’Andrea. In particolare, nel 2001 l’Illva di Saronno ha acquistato la Duca di Salaparuta, mentre Silene, del Gruppo Mezzacorona, ha comprato un’azienda nell’agrigentino. Anche nel 2003 gli investimenti in terra siciliana sono continuati da parte delle principali aziende vitivinicole e delle bevande alcoliche, soprattutto in termini di rifinanziamento e potenziamento delle operazioni avvenute negli anni precedenti. “Comunque la tendenza è quella di cercare di seguire la strada che ha permesso il miracolo della California nel mondo del vino, sfruttando tutte le risorse e caratteristiche favorevoli a produrre vino di qualità che hanno reso la Sicilia famosa nel mondo” e tale da poterla definire la “California del Mediterraneo”.