Le origini di Apple risalgono al 1976 quando Steve Jobs e Steve Wozniak costruiscono un circuito computer chiamato “APPLE1” lavorando nel garage di casa. Dopo pochi mesi si affianca ai due un nuovo partner, Mike Markkula Jr, un milionario ritiratosi dall’Intel a 33 anni. Quest’ultimo era entrato in qualità di esperto businessman del team; Wozniak era il genio della tecnologia e Jobs era quello che cercava di cambiare il mondo attraverso lo sviluppo di quest’ultima. Siamo nel 1977, l’anno che vede la luce di Apple Computer.
Nell’ aprile del 1978 la compagnia lancia “APPLE2”, una macchina relativamente semplice da usare e senza parti complicate da montare. Questo prodotto inizia una rivoluzione che guida l’industria degli elaboratori ad una vendita annuale di un bilione di computer in meno di tre anni, con Apple che diviene velocemente l’industria leader nell’informatica. Tutto viene però stravolto nel 1981, con l’entrata nel mercato di IBM: i PC IBM contano infatti sul sistema operativo DOS della Microsoft e sui processori Intel, costituendo un open system che gli altri produttori possono facilmente copiare. Gli elaboratori Apple invece, protetti come sono da brevetti e diritti, sono ben lontani da questa filosofia, costituendo il cosiddetto sistema chiuso. I redditi di Apple continuano a crescere ma la quota di mercato cade fino al 6,2% nel 1982. In risposta a ciò il vulcanico Jobs lancia nel 1984 il sistema operativo Macintosh con una pubblicità televisiva trasmessa durante il Super Bowl: il successo di Macintosh, secondo Jobs, era racchiuso nella GUI, l’interfaccia grafica che avrebbe dovuto facilitare in modo enorme l’uso del computer. Microsoft però non si fa attendere, e nel 1985 presenta Windows, la GUI per sistemi hardware IBM che, sebbene notevolmente inferiore alla soluzione Apple, può contare su un asso nella manica che si rivelerà fatale per Macintosh: il sistema aperto proposto da IBM infatti, aveva fatto sì che numerose piccole aziende avessero realizzato versioni compatibili ma con prezzi di gran lunga inferiori all’originale. Questo si è rivelato, è lo è tuttora, un fattore di estrema importanza per il successo dello standard Wintel1. Dall'apparizione di Windows, Apple ha sempre perso quote di mercato e non è più riuscita a divenire la numero uno nel settore degli elaboratori. A tutt’oggi detiene circa il 3% di quota nel mercato mondiale dei computer, contro circa il 90% detenuto da Microsoft e Intel.
Negli ultimi anni Apple si era affidata, per quanto riguarda le cpu dei propri computer, prima a Motorola e poi ad IBM. Tuttavia, come annunciato da Jobs stesso il 6 giugno dello scorso anno, Apple ha di recente firmato un’intesa con Intel, il più grande “produttore di silicio” del mondo: entro il 2007, annuncia Jobs alla WorldWide Developer Conference, la transizione degli elaboatori Apple ai processori Intel sarà completata su tutta la gamma.
La notizia ha creato reazioni molto diverse: dai cosiddetti “Mac Evangelisti”, che considerano l'accordo firmato con Intel alla stregua di un alto tradimento per conquistare nuove fette di mercato, ai vari analisti che hanno previsto un calo delle vendite di prodotti Apple nel prossimo periodo destinato alla transizione, a causa della titubanza dei potenziali acquirenti, per arrivare a coloro che giustificano la scelta come obbligata, dati gli elevati costi dei processori IBM.
In realtà la situazione è molto più complicata di quello che sembra: gli attori in gioco infatti, assieme ad Apple e Intel, sono anche Microsoft, AMD ed IBM, seppure passivamente.