Volevo fare una breve riflessione sul contrasto che varie normative stanno apportando alla sottocapitalizzazione delle Aziende.
Partiamo dall’articolo 2467. La norma è diretta a contrastare il fenomeno della c.d. sottocapitalizzazione nominale, che si ha quando la società è dotata dei mezzi necessari all’esercizio dell’impresa, che si realizza non attraverso l’apporto di mezzi propri (capitale di rischio) – effettuato anzi in misura del tutto inadeguata – ma con la concessione diretta o indiretta di prestiti alla società da parte dei soci (capitale di credito), (fenomeno questo da distinguere dalla sottocapitalizzazione materiale delle società, che ricorre, invece, quando il fabbisogno finanziario di una società dotata di capitale è del tutto sproporzionato per difetto rispetto all’oggetto sociale e non è coperto nemmeno con i prestiti dei soci).
Questo fenomeno, particolarmente diffuso nelle società medio-piccole ed a base ristretta e nei rapporti di gruppo, è all’evidenza assai pericoloso per i creditori sociali, in quanto consente al socio di crearsi, in caso di insuccesso dell’impresa, il ruolo di creditore, per vantare un credito sul patrimonio sociale in concorso con gli altri creditori, mentre come socio dovrebbe, al contrario e per definizione essere postergato a questi.
Con l’espediente tecnico della postergazione per i finanziamenti erogati nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento, il legislatore ha voluto impedire l’utilizzo dell’escamotage del finanziamento volto ad evitare le norme a presidio del capitale sociale.
Nell’ultimo comma della norma si parla di finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”. Quest’ultimo inciso apre la norma ad un ambito di applicazione potenzialmente amplissimo, tale da ricomprendere ogni contribuzione in denaro in qualsiasi modo nominalmente qualificata. Ad esempio:
A) i finanziamenti indiretti (i finanziamenti, cioè, in cui formalmente il prestito è erogato non dai soci ma dai terzi – normalmente finanziatori istituzionali – i quali si fanno garantire dai soci con il rilascio di fideiussioni o altre garanzie che consentano a questi di agire in regresso o surroga);
B) i c.d. finanziamenti in natura (es. concessioni di azienda o immobili in godimento, prestazioni di servizi);
C) dilazioni di credito (problema questo particolarmente rilevante nell’ambito dei gruppi: si pensi all’ipotesi in cui, nel caso dell’articolo 2497 quinquies; in presenza di una “situazione finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”, un socio di controllo abbia consentito al differimento di qualche mese dell’incasso di alcune fatture nei confronti della società poi fallita nell’anno: si potrà ritenere che la dilazione del credito commerciale costituisce finanziamento e che, di conseguenza, l’incasso ricade nell’obbligo di restituzione?)

Sempre in merito a questo argomento a mio parere con il regime del Consolidato Fiscale Nazionale si apre se non vengono opportunamente regolati i rapporti infra-gruppo con un Contratto di consolidamento fiscale, una forma di finanziamento implicito alle società controllate, in quanto il trasferimento di imponibili fiscali in capo alla controllante determina in primo luogo un debito verso la controllante che se non viene compensato entro i termini di versamento delle imposte determina secondo me un finanziamento implicito alle controllate.
Decorso il termine di versamento delle imposte di fatto se non viene stabilita una contropartita all’onere fiscale trasferito in capo alla controllante si viene a formare un credito da parte della Controllante nei confronti della controllata che a mio parere riveste la figura del finanziamento.
Inoltre nel caso una Società facente parte del perimetro di consolidamento metta a disposizione del gruppo, una propria perdita fiscale, di fatto si viene a creare un vantaggio a seguito della compensazione con l’imponibile fiscale delle altre società che si ripercuote sull’intero gruppo, che necessita a mio parere di una contropartita in quanto si realizzerebbe un trasferimento di un beneficio fiscale e finanziario.
A mio parere anche in questo caso qualora non venissero regolate le posizioni con un apposito contratto di consolidamento fiscale si verrebbe a configurare decorso il termine di versamento delle imposte una forma di finanziamento implicito finchè non viene determinata una contropartita al vantaggio fiscale trasferito alle altre società facenti parte del gruppo.

L’articolo 98 del Tuir prescrive l’indeducibilità della remunerazione dei finanziamenti erogati alla società dai soci qualificati, per la parte degli stessi che eccede il rapporto 4 a 1 tra consistenza media dei predetti finanziamenti e quota di patrimonio netto contabile riferibile ai medesimi soci qualificati.
Questa norma nota come Thin Capitalization è sorta in primo luogo per porre un freno tecnico alla distribuzione di utili da una società senza passare per una formale distribuzione di dividendi.
Con la c.d. capitalizzazione sottile infatti, l’utile prodotto dalla società viene attribuito ai soci non sotto forma di dividendo bensì come interesse o, più genericamente, remunerazione dei finanziamenti da questi effettuati a favore della società.
In pratica i soci effettuano un finanziamento fittizio alla società la cui remunerazione è, in realtà, lo strumento con cui si distribuiscono gli utili da questa prodotti, facendo sì che la società possa beneficiare della deduzione degli interessi passivi e il socio della generalmente agevolata tassazione prevista per tale tipo di reddito. Ragione per cui il finanziamento effettuato dai soci viene ad assumere la natura di un conferimento mascherato.
Al fine di contrastare questo comportamento il Legislatore della riforma ha introdotto nel Tuir il nuovo art. 98 rubricato “Contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione”, con l’intento di rendere vano il tentativo di aggirare le nuove modalità di tassazione dei dividendi, ma anche di spingere i soci a convertire in conferimenti questa tipologia di finanziamenti.

Sul tema della Capitalizzazione delle Aziende insieme all’articolo 2467 del codice civile e all’articolo 98 del Tuir, occorre non dimenticare la tematica di Basilea 2 che contribuisce a sua volta a incentivare le aziende a perseguire questa direzione.
Come sappiamo infatti un’Azienda che presenterà un’adeguata struttura patrimoniale acquisirà su questo profilo un giudizio positivo che di fatto influenzerà in maniera positiva il rating che gli istituti creditizi determineranno per ogni singola Azienda.

Ecco che riflettendo su questi aspetti in campo civilistico, fiscale e finanziario si arriva alla conclusione che le Aziende dovranno porre attenzione ai loro comportamenti e alle loro strutture patrimoniali in quanto comportamenti elusivi e poco trasparenti comporteranno conseguenze negative.