A Francoforte è prevalso il buonsenso con la scelta di Trichet di lasciare invariato il tasso di interesse di riferimento, mantenendolo alla quota del 4%, anche se tale livello è il risultato di una lunga serie di incrementi che hanno avuto la conseguenza di rafforzare l’euro nei confronti del dollaro, penalizzando le esportazioni dell’eurozona verso il resto del mondo. Dopo la crisi finanziaria dei subprime di agosto, e non ancora conclusa, e dopo le revisioni al ribasso delle stime dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e del FMI (Fondo Monetario Internazionale) circa il tasso di crescita nel 2007 degli Usa e dell’eurozona e, quindi, dell’Italia, il prossimo autunno non ci regalerà grandi sorprese in termini di crescita economica del nostro paese. Purtroppo, come più volte detto, la Finanziaria approvata a dicembre dell’anno scorso ha condannato l’Italia a correre verso la stagnazione. Dato che la prossima finanziaria non abbasserà la pressione fiscale, la recessione può essere data per scontata. Il governo e in particolare Prodi, Padoa Schioppa e Visco, hanno mancato l’aggancio alla crescita internazionale e ora continuano a non vedere la crisi imminente. Non ci illudiamo sulla tenuta dei consumi, che saranno ulteriormente frenati dai rincari dei prezzi e delle tariffe e dalla folle politica di ridistribuire la ricchezza senza produrla. Le prospettive di un calo dei consumi non incoraggiano le imprese a investire in beni capitali per aumentare la produttività del lavoro. Il governo non ha alcuna politica dell’offerta di beni e servizi e penalizza la domanda con una folle politica fiscale. Mancano inoltre i lavori pubblici e quando si fermerà l’edilizia, che deve pagare lo scotto della folle speculazione sugli immobili, sarà troppo tardi per evitare la crisi economica. Far cadere il governo è diventato un imperativo e chi ha imposto Prodi al Paese si faccia da parte e riconosca il madornale errore commesso a danno degli italiani.

Ciò premesso, è da lodare la provocazione del neo presidente francese, Nicolas Sarkozy, nei confronti della Banca Centrale europea, facendo notare che «nutrire il dibattito» sul futuro dell’euro abbia fatto cambiare atteggiamento al banchiere centrale.

È, infatti, venuto il momento di rimettere in discussione le scelte prese al momento della firma del Trattato di Maastricht riguardo non solo ai parametri che, come più volte detto, limitano la crescita economica di tutta l’area dell’euro, ma anche del ruolo «ferocemente indipendente», come lo stesso Trichet lo ha definito, della Banca centrale europea, che persegue, giova sottolineare, il solo fine della tutela dall’inflazione e non anche la crescita economica e dell’occupazione. Se qualcosa ci ha insegnato questa crisi finanziaria di agosto non ancora conclusa, è che, così come è avvenuto negli Stati Uniti, la collaborazione tra il governo nazionale, o federale che sia, e la banca centrale è essenziale per tentare di porre un argine alle crisi sia economiche che finanziarie. Da questa crisi ci si aspetta una “pulizia del mercato finanziario”, intendendo con ciò l’esclusione dal mercato delle banche meno efficienti che hanno fatto una finanza spregiudicata. Si vive e si prospera con il duro lavoro, mentre di finanza speculativa si muore.

Pubblicato su www.ragionpolitica.it il 13/09/07