Sebbene l’approccio alla Responsabilità Sociale d’Impresa attraverso una prospettiva di sensemaking possa all’inizio sembrare azzardato, in realtà contribuisce a dare una visione più a fondo di questa tematica: il suo intento è di indagare e mettere in luce alcuni degli assunti che stanno alla base della filosofia di Corporate Social Responsibility. Ad esempio, la RSI presuppone la condivisione di valori comuni, senza però chiedersi da chi sono veramente condivisi o come si origina la loro condivisione all’interno di un’organizzazione.

Il pensiero di Weick può essere considerato come l’espressione più forte del soggettivismo, in quanto afferma che il mondo esterno non possiede un significato in sé, ma solo quello che ciascuno di noi gli attribuisce, in base ai processi di creazione di senso che attiva. L’oggetto di studio principale dell’autore sono quindi i processi cognitivi attraverso i quali gli individui attribuiscono un senso (in inglese sensemaking appunto) al flusso disordinato e informe delle loro esperienze e organizzano così la realtà. Ecco perché per Weick creare senso e organizzare sono essenzialmente la stessa cosa, le due facce della stessa medaglia. Ma che cos’è esattamente un processo cognitivo? Per capirlo meglio, soffermiamoci un attimo sulle tre fasi in cui esso si sviluppa:

1. l’attivazione (enactment), ovvero quel processo di interazione dell’individuo, attraverso l’esperienza, con la realtà informe e fluida;
2. la selezione, in base alla quale l’individuo, inteso come soggetto costituto da un personale background culturale, opera delle scelte, eliminando le ambiguità contenute nei flussi dell’esperienza;
3. la ritenzione, cioè la fase finale in cui le informazioni selezionate vengono elaborate e organizzate dall’individuo tramite quelle che sono definite come le “mappe cognitivo-normative”.

Il concetto di sensemaking di Weick, inoltre, implica sette caratteristiche specifiche – qui riportate sinteticamente - che lo definiscono in modo preciso e lo distinguono da altri processi cognitivi quali la comprensione o l’interpretazione. Esso è considerato quindi un processo con i seguenti attributi:

1. Fondato sulla costruzione dell’identità: definire qualcosa è in primo luogo definire sé stessi in relazione a questo qualcosa.
2. Retrospettivo: l’atto di dare significato è riferito a qualcosa già avvenuto.
3. Istitutivo di ambienti sensati: le persone che attivano processi di sensemaking prendono parte attivamente alla creazione di ambienti ai quali attribuiscono un senso.
4. Sociale: l’individuo attiva processi di sensemaking conversando con gli altri, leggendo idee espresse da altri, relazionandosi ed essendo influenzato pertanto “dalla presenza reale, immaginaria o implicita degli altri.”
5. Continuo: non ha né un inizio, né una fine.
6. Centrato su informazioni selezionate: come abbiamo visto nella seconda fase del processo di sensemaking, l’individuo e il contesto stesso definiscono le informazioni sulle quali e in base alle quali si attiveranno processi di ritenzione (terza fase).
7. Plausibile: il sensemaking non si basa sull’accuratezza, ma al contrario sulla “plausibilità, la pragmatica, la coerenza, la ragionevolezza, la creazione, l’invenzione e la scelta dei mezzi.”