Viene presentati modelli per la tutela dei beni pubblici. Nello specifico, il bene pubblico considerato è la politica di contrasto al cambiamento climatico. Ili contrasto avviene mediante una cooperazione fra paesi a livello regionale, piuttosto che attraverso un trattato globale. La preferibilità di un regime rispetto all'altro non si limita a considerare il numero di paesi che i differenti accordi possono coinvolgere, ma tiene conto anche degli incentivi alla cooperazione che ciascun paese può avere.
Gli sforzi individualmente fatti generano esternalità positive, ovvero dei benefici gratuiti potenzialmente sfruttabili da quei paesi che decidono di non sottoscrivere un accordo di riduzione delle emissioni, o di non conformarsi agli impegni assunti una volta sottoscritto l’accordo (atteggiamento definito da “free rider”). La presenza di questi incentivi spinge verso una situazione in cui gli sforzi intrapresi per ridurre le emissioni risultano globalmente ed individualmente insufficienti. La mancanza di una autorità sopranazionale in grado, da un lato, di imporre ai paesi membri il rispetto degli impegni assunti e, dall'altro, di prescrivere una sanzione nel caso di violazione del trattato stesso. Nella maggior parte dei casi, quindi, si tratta accordi basati esclusivamente sulla volontarietà delle parti cooperanti.

L’analisi presentata in questo lavoro è stata formulata assumendo come base concettuale la teoria dei giochi dinamica; il modello perciò non si limita all’analisi di un unico periodo di gioco, ma studia una situazione in cui il gioco si ripete infinite volte. In ogni sottogioco è individuata una situazione di equilibrio di Nash.

Il principale risultato a cui perviene il modello è che un regime che prevede la stipulazione di due accordi regionali è in grado di far partecipare un più alto numero di paesi rispetto ad un regime basato su un unico accordo globale. Nel caso in cui d = b il numero di paesi che partecipano a due accordi regionali è esattamente il doppio rispetto a quelli che parteciperebbero se l’accordo fosse stipulato con tutti gli N paesi. Si noti che questo risultato è stato ottenuto anche se il costo che i paesi devono sostenere per poter cooperare è esattamente lo stesso.
Una cooperazione regionale può perciò essere una buona alternativa ad accordi internazionali globali. Questo risultato assume una particolare valenza nel caso in cui accordi globali, come il protocollo di Kyoto, vengano messi in crisi dalla minaccia di non sottoscrizione o di non ratifica da parte di alcuni paesi. Attualmente, si discute anche molto del tipo di accordi che dovranno essere posti in essere per regolare la emissione di gas serra a partire dal 2012, ultimo anno di applicazione del trattato di Kyoto.