La Teoria dei Giochi è quella parte della matematica applicata che si occupa dei problemi di competizione, collaborazione e negoziato tra due o più “agenti” (persone, società, partiti, nazioni, ecc.). In particolare essa è quella disciplina che studia le decisioni degli agenti in condizioni di interdipendenza strategica, ovvero in situazioni in cui vi sono interazioni tra diversi soggetti, tali per cui le decisioni di un soggetto dipendono anche dalle azioni degli altri agenti e, allo stesso tempo, possono influire sui risultati conseguibili dal rivale, secondo un meccanismo di retroazione.

La soluzione di moltissimi problemi pratici richiede spesso l’analisi di circostanze in cui vi sono due parti opposte e in cui il risultato di qualsiasi azione di una parte dipende parzialmente dall’azione dell’altra. Per rendere possibile l’analisi di queste “situazioni di conflitto”, che sono, per esempio, tipiche dell’economia (e non solo della guerra), sono state sviluppate tecniche matematiche speciali che derivano dalla teoria dei giochi e il cui scopo è quello di elaborare, secondo linee razionali, le possibili azioni delle parti avverse.
La teoria dei giochi, anticipata da Leibniz nel 1710, fu formulata dal fisico Johann Von Neumann nel 1928 e da lui stesso sviluppata con l’economista Oskar Morgenstern nell’ormai classico libro del 1944 “Theory of Game and Economic Behaviour”.
I due scienziati cercarono di descrivere matematicamente il comportamento umano in quei casi in cui l’interazione fra uomini comporta la vincita, o lo spartirsi, di qualche tipo di risorsa.
Poiché le situazioni di conflitto reali sono estremamente complicate e difficili da esaminare, a causa della presenza di molti fattori concomitanti, per rendere possibile un’analisi matematica è necessario poter trascurare i fattori secondari e costruire modelli formali semplificati, che vengono appunto chiamati “giochi”.

Un “gioco” differisce dalle situazioni di conflitto reale perché è condotto secondo regole ben definite.
Alla domanda: “Per ‘giochi’ intendi qualcosa come gli scacchi?”, Von Neumann rispondeva:
“No, gli scacchi in realtà sono un gioco, perché per ogni posizione sulla scacchiera c'è una procedura corretta e ben definita, ma i giochi veri che intendo io non sono così. La vita reale non è così. È piena di bluff, astuzie e defezioni. È un continuo chiedersi che cosa gli altri pensano che tu intenda fare. Di questo si occupano i giochi della mia teoria”.

La teoria dei giochi, dunque, si fonda essenzialmente sull’analisi delle strategie a disposizione dei “giocatori” e sulla valutazione della probabilità degli eventi che dipendono dalle possibili scelte degli “antagonisti”.
Stiamo parlando di una scienza bambina, neonata. La sua nascita, infatti, viene convenzionalmente associata all’uscita del suddetto saggio di Von Neumann e Morgenstern nel 1944.
Essa ha dunque tutti i pregi ed anche, forse pochi, i difetti di una giovane creatura. In particolare, ha in sé interessi e potenzialità straordinari. Ha applicazioni notevoli, interessanti, nuove: è una disciplina pratica. E’ capace di proporre, in maniera originale e semplice, questioni profonde che si legano ad altre discipline ed anche agli aspetti più importanti del pensiero umano. Pone problemi elementari, come sul concetto di razionalità, che tutti possono intuire, anche senza solide basi matematiche. Un celebre esempio, che svilupperò meglio nei paragrafi seguenti, è il dilemma del prigioniero, modello di casi che si pongono mille volte alla nostra attenzione, ma che solo attraverso la sua matematizzazione si può chiarire in termini precisi.

Uno degli aspetti sorprendenti della teoria dei giochi è la capacità di dominare matematicamente anche gli aspetti apparentemente più sfuggenti della vita reale, permettendo di progettare regole che spingano gli attori verso conclusioni vantaggiose per tutti. E questo proprio grazie alla possibilità di prevedere le conseguenze negative o positive dei comportamenti strategici che si pongono in certi casi. L’idea è la stessa di quando si tratta di fare compravendita per corrispondenza: io devo mandare la merce a qualcuno e questo qualcuno mi deve mandare i quattrini. Ovviamente il caso è convenzionalmente semplificato.
Qual è il comportamento più sensato per tutti e due? Io che mando la merce dovrei attendere nel farlo, perché i casi sono due: o l’altro non paga e se mando la merce ci perdo, o l’altro paga e dunque mi conviene non mandare la merce così guadagno il doppio. Naturalmente l’altro fa lo stesso ragionamento e anche qui i casi sono due: o manda i soldi, ma se io non gli invio la merce lui ci perde, oppure attende che io gli mandi la merce e poi non la paga, dunque così guadagna il doppio. La teoria dei giochi sostiene che né colui che compra né colui che vende deve pagare o mandare la merce anticipatamente, ma allora è chiaro che la compravendita non avrebbe senso! La soluzione sarebbe trovare un compromesso o effettuare una qualche forma di cooperazione.
Ciò significa che spesso la razionalità ha dei limiti e la Teoria dei Giochi tenta di superarli.

Essa è dunque la disciplina matematica che analizza situazioni di conflitto d’interessi e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative ottimali tramite modelli. Certamente è arbitrario tentare di ingabbiare la teoria in un certo numero di schemi e capitoli fondamentali, tuttavia si può suddividerla in grandi filoni, poiché le sue applicazioni sono davvero molteplici: dal campo economico-finanziario a quello strategico-militare, dalla politica alla sociologia, dalla psicologia all’informatica, dalla biologia allo sport…

Ogni “giocatore” è un soggetto razionale che può scegliere tra le varie “mosse”.

Ad esempio, se il giocatore è un commerciante, le sue mosse possono essere: aumentare o diminuire o lasciare invariati i prezzi dei suoi prodotti; le mosse di un acquirente possono essere: cambiare o restare fedele ad un prodotto o ad un fornitore; le mosse di un responsabile di logistica militare possono essere inviare un convoglio lungo un certo percorso, piuttosto che lungo un altro…