La paternità del neologismo «stagflazione» è attribuita al deputato inglese Ian McLeod che in un suo discorso al parlamento britannico nel 1965 descrisse la situazione economica del suo paese come la peggiore possibile, in cui l'inflazione e la stagnazione economica agivano insieme. È stato però il premio nobel Paul Samuelson a renderlo popolare, per descrivere la situazione economica mondiale in occasione della prima crisi petrolifera del 1973.
Anche oggi si continua a parlare di «stagflazione», così come se ne parlava in occasione delle crisi petrolifere dal 1973 al 1979. Anche oggi, come allora, siamo spettatori dello scoppio di una bolla speculativa, quella del mercato immobiliare statunitense, che ha avuto ripercussioni finanziarie ed economiche a livello planetario. Inoltre, almeno altre due bolle speculative possono essere date per accertate: quella relativa ai prodotti energetici, che ha prodotto un incremento del prezzo del petrolio oltre i 100 dollari al barile e un'impennata dei relativi prezzi del 9,3% in Ue e del 17,6% negli Usa; e quella relativa alla speculazione sui titoli dei sistemi di finanziamento ad alto rischio dei mercati emergenti. Anche i prodotti alimentari hanno visto un incremento dei prezzi significativo (crescita del 4,8% negli Usa e nell'Ue e addirittura del 15,9% in Cina) e non giustificato dall'andamento dei valori reali dell'economia, come ad esempio una contrazione significativa della loro produzione, oppure a parità di produzione un improvviso aumento della domanda. Occorre anche considerare la speculazione dell'oro, ancora oggi bene rifugio, che ha toccato il prezzo di 990 dollari l'oncia.



La situazione odierna non è però confrontabile con la crisi petrolifera del 1973-79. La crescita economica è oggi indubbiamente stagnante (secondo la Confindustria nel 2008 il Pil italiano crescerà appena dello 0,3%), ma non è ancora negativa come lo è stata in quegli anni bui, come si vede dai grafici seguenti.



La nostra inflazione al 4,3% (indice degli «acquisti frequenti») non è paragonabile con l'inflazione a due cifre (al 12%, con picchi del 24%) dei primi anni Ottanta, anche se i confronti non possono essere fatti in modo rigoroso giacché c'è stata l'introduzione dell'euro e la riformulazione a più riprese del paniere di riferimento. Le due principali banche mondiali, la Bce e la Fed, pongono in essere due politiche opposte per fare fronte alla stagflazione. La Banca centrale europea difende inesorabilmente l'euro, lasciando inalterati i tassi di riferimento e tentando, in tal modo, di contrastare l'inflazione importata, ma a costo di una minore crescita economica di tutta l'eurozona, che trova forti ostacoli alle sue esportazioni. La Federal Reserve ha, invece, tagliato a più riprese il tasso di sconto, così come fece in occasione della crisi economica successiva al crollo delle Torri gemelle in seguito all'attacco di Al Qaeda. La Fed ha permesso in tal modo di ridurre il disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti americana, che con un dollaro «debole» ha la via spianata per le esportazioni. Entrambe le banche centrali hanno, inoltre, immesso sul mercato una ingente quantità di valuta, al fine di, come dicono gli addetti ai lavori, «raffreddare i mercati» dopo le reazioni emotive degli speculatori al crollo dei valori di borsa, ma a costo di una ulteriore spinta inflazionistica.
La stagflazione è la sfida tra le più gravose che le economie avanzate devono affrontare. L'inflazione è in buon parte importata, per via dell'andamento dei mercati internazionale dei prodotti energetici e alimentari, mentre la stagnazione è in parte dovuta alle situazioni interne, ma anche internazionali in relazione al grado di interdipendenza, come nel caso dell'eurozona. Le politiche per aggredire le stagflazione sono diverse, ma da usare contemporaneamente, a iniziare dalla riduzione coraggiosa della pressione fiscale, dagli incentivi alla concorrenza e dal taglio delle spese pubbliche improduttive, volgendo i risparmi verso gli investimenti pubblici e iniettando fiducia agli operatori economici con piani a medio termine di investimento credibili. Occorre anche far fallire le imprese speculative o obsolete, permettendo l'epurazione del mercato.
La stagflazione ha comunque un andamento ciclico in quanto tende ad esaurirsi quando le risorse lasciate disoccupate dalla contrazione della crescita dell'economia ridurranno la loro domanda, facendo abbassare i prezzi. Ma questa prospettiva lasciata al mercato ha tempi lunghissimi.

(Articolo pubblicato su www.ragionpolitica.it il 5 marzo 2008).

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