Divieto di pubblicità per i prodotti pericolosi

Rientra nella disciplina del Decreto Legislativo n. 74 del 1992 la pubblicità dei prodotti pericolosi. Secondo l’art. 5 di tale normativa “è considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, ometta di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza” 1.
Affinché l’illecito contemplato nel suddetto decreto legislativo possa considerarsi perfezionato e il messaggio possa essere censurato debbono concorrere due elementi:
- L’omissione del messaggio relativa alla pericolosità del prodotto pubblicizzato;
- L’inosservanza delle regole di prudenza da parte dei destinatari direttamente imputabile all’omissione del messaggio2.
La finalità della norma è quella di imporre un obbligo positivo di informazione a carico dell’operatore pubblicitario in relazione all’eventuale pericolosità dei prodotti pubblicizzati allo scopo di tutelare i consumatori.
L’omissione di tale informazione configura un’ipotesi di ingannevolezza che richiede anche un requisito diverso ed un ulteriore rispetto all’induzione in errore, prevista dall’art. 2 lett. b) dello stesso decreto, ossia l’attitudine dell’informazione ad indurre all’inosservanza delle regole di prudenza3.
Infatti, affinché un messaggio sia censurato ai sensi del citato articolo, non è necessaria la sola reticenza sulla pericolosità del prodotto pubblicizzato ma anche l’esistenza un nesso causale tra l’omessa informazione e l’induzione a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza. Tale nesso impone di verificare che il rischio legato all’uso del prodotto non sia immediatamente percepibile dal consumatore poiché se così fosse non potrebbe ritenersi significativa la relativa omissione.
Nel valutare l’idoneità della pubblicità reticente ad indurre all’inosservanza delle regole di prudenza, bisogna far riferimento anche alle informazioni provenienti da fonti differenti suscettibili di raggiungere il consumatore nel momento precedente all’utilizzo del prodotto e di colmare lo stato d’ignoranza che la pubblicità ha lasciato. Ci si riferisce a quelle avvertenze che diverse disposizioni di legge impongono di riportare sulle confezioni dei prodotti per fornire al consumatore le informazioni necessarie per i rischi inerenti il prodotto, allorquando questi non siano immediatamente percettibili4.
Indubbiamente queste indicazioni possono limitare le inosservanze delle regole di prudenza, tuttavia poiché il comportamento imprudente non può non essere successivo sia alla comunicazione pubblicitaria sia all’acquisto del prodotto, la norma sanziona l’omesso messaggio pubblicitario indipendentemente dagli effetti che informazioni successive possano avere realizzato5.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, infatti, nel caso “Slimming” ha ritenuto irrilevante il fatto che le conduttrici nel corso della trasmissione in cui era pubblicizzato il prodotto dimagrante avessero invitato il pubblico interessato a rivolgersi alle telefoniste per conoscere le modalità di assunzione del prodotto.
Secondo l’Autorità tale invito non è stato idoneo “a sanare le gravi omissioni e inesattezze contenute nel messaggio posto che non possa rimettersi l’effetto chiarificatore a…terze persone prive peraltro di comprovate competenze scientifiche in materia” 6.
Le avvertenze in generale non sottraggono l’operatore pubblicitario dall’obbligo di segnalazione ex art. 5. Il problema interpretativo7 che sorge dalla lettura dell’art. 5 della disposizione in esame riguarda la menzione della unica pubblicità di “prodotti suscettibili di pericolo”, senza fare alcun cenno ai “servizi” la cui fruizione può presentare un analogo rischio.
Possiamo risolvere tale difficoltà semplicemente affermando che la volontarietà del legislatore a limitare l’obbligo d’informazione per la pubblicità dei soli prodotti e non anche dei servizi sarebbe in contraddizione con gli obiettivi della disposizione stessa e con le tutele che essa tende a garantire.
Esaminando l’articolo si rileva come questo faccia riferimento esclusivo ai “consumatori” 8, considerando illecita la pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza di questi ultimi, trascurandone completamente quella dei prodotti dannosi per l’ambiente, gli animali e le cose.
Considerando che nella normativa precedente al D.Lgs. 74/92 era fatta esplicita menzione alla dannosità dei prodotti pericolosi per le cose e l’ambiente9, nella disciplina in esame, sorta nel medesimo contesto socio-economico, appare illogico che il legislatore abbia voluto esprimere gli stessi concetti con la limitata dicitura “salute e sicurezza del consumatore” 10.
Per colmare le lacune dell’art. 511del D.Lgs. 74/92 in tema di disciplina statuale dei rapporti tra pubblicità, sicurezza e salute dei consumatori, intervengono due disposizioni: l’art. 8 della Legge n. 223 del 6 agosto 1990, e l’art. 6 del D.Lgs. 74/92. Il primo vieta la pubblicità radiofonica e televisiva che possa “indurre a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l’ambiente” e sancisce quindi quell’obbligo negativo che manca nell’art. 5 del D.Lgs. 74/92. Prevede inoltre che la pubblicità possa comportare pericoli anche a carico di soggetti diversi dall’utilizzatore del prodotto e che quindi la salute e la sicurezza che esso tende a prevenire non sono solo quelle dei consumatori12.



Note:


1. L’origine della norma in esame può essere rinvenuta nell’art. 12 del C.A.P. contenente una disposizione che riguarda la sicurezza poiché la Direttiva 84/450/CEE non contemplava alcuna prescrizione in merito.
2. PROVENZANO A., VASSELLI L., “La disciplina della pubblicità ingannevole”, in A.A.V.V., Il diritto della Comunicazione Pubblicitaria, Torino, 1999, 47.
3. La funzione dell’omissione, nel contesto dell’art. 5 è quella di stabilire un obbligo di informazione che determina un contenuto minimo del messaggio pubblicitario avente ad oggetto i rischi derivanti dalla pericolosità del prodotto o del servizio per la salute e la sicurezza del destinatario. La funzione assolta dall’omissione nella valutazione di ingannevolezza ex art. 2 lett. b) non è connessa ad un obbligo positivo di informazione del messaggio ma piuttosto alle caratteristiche della informazione diffusa: tale omissione costituisce un aspetto della completezza dell’informazione rispetto alla quale non esiste un obbligo iniziale di diffusione. Sito internet: http://www.diritto.it.
4. Si pensi alla Legge n. 256/74 che regola l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze e dei preparati pericolosi oppure alla Legge n. 713/86 che in materia di preparati cosmetici, richiede sugli imballaggi o sui recipienti l’indicazione delle avvertenze, delle modalità d’impiego e delle precauzioni particolari per l’utilizzo del prodotto
5.L’adempimento dell’onere informativo deve essere contestuale alla diffusione del messaggio pubblicitario, pertanto la potenziale ingannevolezza del messaggio deve essere valutata rispetto a tale momento, laddove le informazioni fornite nella confezione divengono eventualmente fruibili dal consumatore in un momento successivo. Inoltre, l’illeicità di una comunicazione ingannevole non viene meno per il fatto che l’inganno della stessa sia riconosciuto dal consumatore al momento dell’acquisto o al momento del primo consumo.
6. PROVV. n. 3941 (PI 650) del 30.05.1996, in Boll. AGCM n. 22/96.
7. L’interpretazione della norma si presenta piuttosto problematica, sia con riferimento alla determinazione dell’oggetto dell’obbligo imposto all’operatore pubblicitario, sia con riferimento all’individuazione dei prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori.
8.Ciò ne costituisce il limite all’applicabilità della disposizione.
9.La Legge n. 126 del 10 aprile 1991 prevede l’obbligo di indicare la presenza di “materiali o sostanze che possono arrecare danno all’uomo, alle cose o all’ambiente” (art. 1, lett. c). La legge n. 223 del 6 agosto 1990 menziona il divieto della pubblicità televisiva e radiofonica “di indurre a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l’ambiente” (art. 8).
10. E’ stata proposta un’interpretazione secondo la quale il concetto di salute e sicurezza del consumatore dovrebbe essere allargato a ricomprendere anche tutto ciò che, posto in pericolo, comporti indirettamente un possibile danno nei confronti di salute e sicurezza dell’individuo: basti pensare ai prodotti inquinanti, i quali danneggiando l’ambiente possono arrecare pericolo anche ai consumatori.
11. L’attuale formulazione dell’art. 5 e con essa i conseguenti limiti che ne derivano alla applicazione è imputabile alla necessità di inserire in modo plausibile la disposizione nell’ambito di una disciplina dedicata alla pubblicità ingannevole e sostanzialmente estranea alla materia della pubblicità per prodotti pericolosi. La precedente formulazione prevedeva che “fermi restando gli obblighi di particolari indicazioni previsti dalla normativa vigente, è considerata ingannevole la pubblicità che riguardando prodotti suscettibili di presentare pericoli per la salute e la sicurezza dei consumatori, contenga descrizioni e rappresentazioni che possono indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza”.
12. Come viene tuttavia precisata nell’art. 5 del D.Lgs. 74/92.