1 - premessa -
Si tenne ad Ischia nella sala del Cinema Excelsior venerdì 23, sabato 24 e domenica 25 maggio 1969 il XIII Convegno di studi di economia e politica industriale promosso dalla Confederazione Generale dell’ Industria Italiana.
Il tema del convegno fu: La funzione economica e sociale dell’ impresa industriale.
Credo che, per la qualità e quantità dei partecipanti, possa essere annoverato fra i più importanti convegni promossi dalla Confindustria e fra i più importanti convegni in materia economica mai ospitati dall’ isola d’ Ischia.
Vi presero parte circa 300 docenti e studiosi di discipline economiche provenienti non solo da tutta Italia ma dalle più importanti università italiane; circa 100 esponenti di enti, istituti ed organismi vari; circa 20 membri della presidenza, della giunta esecutiva e dei comitati della Confederazione Generale dell’ Industria Italiana che vedeva come Presidente l’ armatore genovese Angelo Costa.; circa 100 esponenti e rappresentanti di associazioni industriali territoriali e di categoria; circa 50 rappresentanti di ditte industriali e vari ed infine gli studenti della quinta classe del corso di ragioneria dell’ anno scolastico 1968/69 dell’ Istituto Mattei di Casamicciola Terme guidati dal Preside, prof. Severo Scoti e dal docente di Ragioneria Generale ed Applicata ( come si chiamava allora l’ Economia Aziendale), prof. Iginio Fascione.
Fra i rappresentanti di ditte industriali e “ vari” c’ ero anch’ io, giovane studente universitario al primo anno di economia e commercio soltanto perché il nostro professore di economia politica, prof. Giuseppe Palomba, era fra i partecipanti al convegno. I due relatori di base furono il prof. Orlando D’ Alauro, ordinario di politica economica e finanziaria nella facoltà di economia e commercio dell’ Università di Genova ed il prof. Ernesto Cianci, Presidente della Società Mineraria e Metallurgica di Pertusola. Gli Atti di questo convegno – con l’ elenco di tutti i partecipanti, le due relazioni di base, gli interventi dei partecipanti e perfino le relazioni di coloro che pur invitati non potettero prendere la parola in aula – furono pubblicati nel numero di agosto-settembre 1969 dalla Rivista di Politica Economica che nel Comitato di Direzione annoverava i nomi di Francesco Coppola d’ Anna, Ferdinando di Fenizio, Libero Lenti, Franco Mattei, Mario Morelli. Il numero speciale della Rivista – fascicolo VIII-IX - era costituito da 1280 pagine con un indice dettagliato degli interventi avvenuti nelle cinque sedute del Convegno.

2 – la particolarità del convegno , il momento storico e lo studente di economia

Il Convegno fu del tutto particolare. Non vi presero parte uomini politici, né Ministri né Parlamentari. Fu un’ assise soltanto di economisti, di studiosi di scienza sociale e di scienza politica, di giuristi, di imprenditori non solo dell’ impresa privata ma anche dell’ impresa pubblica. Si teneva in un particolare momento storico in Italia caratterizzato dai “ moti del ‘ 68” nelle Università italiane tutte in “ movimento” per la “ contestazione giovanile” ed ancor di più questa “ contestazione” cominciava a prendere consistenza nelle fabbriche con quello che sarebbe stato l’ “ autunno caldo” del ‘ 69. Il Governo era di “ centro-sinistra” con la diretta partecipazione del Partito Socialista Italiano che puntava alla nuova politica di “ Programmazione Economica” che non era soltanto “ indicativa” per gli imprenditori privati ma “ vincolante”. Era già in preparazione il più importante e corposo documento di politica economica e finanziaria, il famoso “ Progetto ‘ 80”, redatto dal socialista Giorgio Ruffolo, Segreteraio Generale della Programmazione Economica, che sarà definito dal democristiano Amintore Fanfani un “ libro dei sogni”. Fra gli impegni del Governo di “ svolta a sinistra” c’ erano l’ approvazione dello Statuto dei Lavoratori e la nascita delle Regioni per il decentramento amministrativo dello Stato e l’ attuazione della Costituzione. Ed ancora una rinnovata politica di sostegno al Mezzogiorno con il rafforzamento della Cassa per il Mezzogiorno e la nascita dell’ AlfaSud da parte dell’ IRI proprio in Campania a Pomigliano d’ Arco.
Il Convegno quindi per il momento storico e per il tema scelto rappresentava quasi una risposta o una sfida della classe imprenditoriale italiana alla “ svolta a sinistra” sia nella politica del Governo sia alla “ contestazione giovanile” nelle Università dove i giovani sceglievano, nella maggioranza, le estreme – o all’ estrema destra o all’ estrema sinistra – mentre erano del tutto minoritari i “ centristi” – o liberali o democristiani - ed i “ riformisti” – o socialisti o socialdemocratici.
Io - ventenne studente in Economia - mi schieravo tra i “ socialisti” della corrente di Riccardo Lombardi favorevole all’ “ Alternativa Democratica” cioè all’ unità delle sinistre per mettere all’ opposizione la DC che vedevo come il partito della Chiesa e dei clericali e di un impossibile interclassismo. Consideravo il centro-sinistra solo una tappa non un fine e l’ alleanza PSI-DC del tutto innaturale. Non mi definivo un marxista ma un marxiano. Meglio ancora un keynesiano favorevole all’ intervento dello Stato nell’ economia per accrescere l’ occupazione. Non ero un comunista né aderivo al Movimento Studentesco che si collocava ancora più a sinistra del PCI sulle posizioni extra-parlamentari di Lotta Continua. Nelle affollate assemblee studentesche nell’ Aula n. 1 della Facoltà di Economia e Commercio posto a Via Partenope non mi trovavo con i “ colleghi” dell’ estrema sinistra. Nelle animate discussioni ideologiche con i “ colleghi” nell’ atrio della Facoltà - che il mio Maestro, il prof. Palomba, definiva “ un Palazzo con una grande scala con qualche stanza” – sostenevo la necessità di “ correggere” il sistema capitalistico ma non di sostituirlo con il comunismo. Tra l’ Occidente e l’ Oriente sceglievo l’ Occidente o meglio ancora l’ Europa. Mi affascinava la Francia, la sua Rivoluzione e la sua V Repubblica ( il primo viaggio all’ estero lo feci nel marzo 1970 a poco più di vent’ anni a Parigi dove restai 3 settimane con il collega di studi Franco Mazzarella)
Insomma ero un “ socialista liberale” ma non avevo ancora letto Carlo Rosselli, Norberto Bobbio e non sapevo ancora cosa fosse stato il “ Partito d’ Azione”. Solo crescendo e scoprendo la Storia Economica e la Storia delle Dottrine Politiche definivo la mia identità politica che era ed è quella di un laico, liberale di sinistra o socialista di destra, antifascista e necessariamente anticomunista soprattutto dopo l’ invasione della Cecoslovacchia nel 1968 e la lettura del libro di Roger Garaudy “ Le grand tournant du socialisme” comprato e letto a Parigi.
Se proprio dovevo scegliere tra i due neo imperialismi – quello americano e quello sovietico – sceglievo quello americano ma amavo l’ indipendenza del Generale de Gaulle che vedevo come Uomo di “ sinistra” e non di “ destra”, unico in Italia,credo, e quando lo sostenevo suscitavo il dileggio da parte di tutti.
Con queste convinzioni partecipavo a quel Convegno la cui seduta di apertura fu presieduta dal prof. Giuseppe Ugo Papi, già Rettore dell’ Università degli Studi “ La Sapienza” di Roma.

3 – Gli scopi ufficiali e presunti del Convegno

Il Convegno aveva l’ obiettivo dichiarato di rimarcare – nel modo più autorevole possibile - il ruolo fondamentale ed insostituibile in una economia di mercato dell’ impresa come” fonte essenziale della produzione dei beni e, insieme l’ origine della parte più cospicua dei redditi individuali”(D’ Alauro).
Da qui una valorizzazione del ruolo dell’ “ imprenditore” come “ l’ anima dell’ impresa” e dello scopo dell’ impresa cioè quello di “ massimizzare il profitto”.
Poiché il Convegno vedeva partecipare i migliori economisti d’ Italia che insegnavano nelle migliori Università italiane si poteva dedurre che la più importante organizzazione degli industriali italiani, la Confidustria, si preoccupava di preparare una classe dirigente per gli anni a venire colta ed equilibrata.
Insomma a me apparve come una risposta alla contestazione giovanile che nasceva nelle Università ed una risposta degli industriali al timore di una politica troppo di “ sinistra” che stava attuando il governo di centro-sinistra soprattutto per decisione dei socialisti.

4 – la massimizzazione del profitto

Tutti gli interventi dei relatori e dei partecipanti furono impostati sul concetto della “ massimizzazione del profitto”. Può sembrare inverosimile che circa 400 persone di alta cultura e preparazione discutano per tre giorni ad un livello teorico così alto. Ma senza teoria non può esserci buona prassi. I convegni di oggi di politica economica e finanziaria hanno una impostazione completamente diversa. Si chiamano anche in un altro modo: workshop.
Il più importante convegno è il “ Workshop The European House – Ambrosetti a Villa d’ Este” comunemente chiamato il Convegno di Cernobbio dello Studio Ambrosetti che quest’ anno 2008 è giunto alla trentaquattresima edizione e si è tenuto dal 5 al 7 settembre. Non vi partecipano solo economisti ma anche politici nazionali, europei e internazionali. I lavori si tengono a porte chiuse. La stampa accreditata può ottenere interviste o altri servizi con i protagonisti se disponibili.
La prima relazione del Convegno di Ischia tenuta dal prof. D’ Alauro fu tutta incentrata sul ruolo “ fondamentale dell’ impresa in una economia di mercato”. Una relazione di 50 pagine divisa in 13 paragrafi.
D’ Alauro sostenne che il “ profitto” è inseparabile dal concetto di “ impresa” e di “ imprenditore”. Non solo ma che una impresa è tale se punta alla “ massimizzazione del profitto”. Così “ l’ imprenditore rappresenta la forza motrice della moderna economia capitalistica” ed un imprenditore è tale se è “ innovatore” assumendo a base il pensiero di Scumpeter ( J.A. Schumpeter – The Teory od economic development, Harward, 1934). Se l’ imprenditore è quello che “ innova” il profitto è “ essenzialmente il compenso dell’ incertezza ossia il rischio non assicurabile che domina l’ attività imprenditoriale” condividendo la definizione di Frank H. Knight contenuta nel suo saggio “ Profit” pubblicato nell’ “ Encyclopedia of Social Science” ( vol.XII, 1934).
Non mancò D’ Alauro di rimarcare le critiche alla massimizzazione del profitto soprattutto quelle di J.K. Galbraith, di A. Baran e P.M. Sweezy, quest’ ultimi due neomarxiani americani autori dell’ importante testo “ il capitale monopolistico” tradotto in Italia nel 1968 e testo base per l’ esame di Teoria e Politica dello Sviluppo Economico” alla Facoltà di Economia e Commercio di Napoli.
D’ Alauro sostenne che essendo il profitto inscindibile dal concetto di impresa anche l’ impresa “ pubblica” cioè le cosiddette “ Partecipazioni Statali” dovevano avere lo stesso obiettivo
La relazione del prof. Ernesto Cianci si soffermò soprattutto sull’ evoluzione dell’ economia italiana di quegli anni, sul forte ruolo del sindacato, sulla funzione della grande impresa.
In particolare Cianci sottolineò che “ il profitto adempie anche ad una funzione sociale” poiché “ senza profitto non si persegue una sana politica di sviluppo e di espansione, non si creano nuovi posti di lavoro, non si attraggono capitali esteri”.
Cianci concluse citando Luigi Einaudi nella “ memorabile polemica con Benedetto Croce sui diversi significati del concetto di liberismo economico”.
“ La libertà - diceva Einaudi - non è capace di vivere in una società economica nella quale non esista una varia e ricca fioritura di vite umane, vive per virtù proprie, indipendenti le une dalle altre, non serve di un’ unica volontà. Lo spirito, se è libero, crea un’ economia varia, in cui coesistono proprietà privata e proprietà di gruppi, di corpi, di amministrazioni statali, coesistono classi di industriali, di commercianti, di agricoltori, di professionisti, di artisti, le une dalle altre diverse, tutte traenti da sorgenti proprie i mezzi materiali di vita”.

5 – il dibattito, l’ intervento di Giovanni Agnelli e le conclusioni di Angelo Costa

Fu un dibattito intenso ed appassionante. Di particolare interesse furono gli interventi di Guido Maria Baldi che sostenne che “ il profitto è il premio del rischio e della moderazione.E’ il premio del rischio è la più bella definizione che mai sia stata data dell’ imprenditore”; di Giorgio Gicca Palli che rimarcò che “ la funzione sociale dell’ impresa consiste principalmente e in sostanza nella massimizzazione del profitto”; di Federico Maffezzoni che ricordò che “ la libertà di iniziativa economica è proclamata dalla nostra Costituzione”; di Giuseppe Catturi che sottolineò che se “ certamente è da riconoscersi uomo politico soltanto colui che riesce a prevedere il futuro sviluppo sociale dell’ intera collettività un imprenditore è da individuarsi nel soggetto che , prevedendo le mutevoli variazioni dell’ ambiente economico, imposta azioni promozionali miranti allo sviluppo strutturale della propria azienda”; di Angelo Amato che invece affermò che a suo parere “ la funzione sociale dell’ imprenditore non è la massimizzazione del profitto ma piuttosto la massimizzazione della produzione” schierandosi contro “ i monopoli che sono “ cancrena sociale”; dell’ imprenditore Lorenzo Vallarino Gangia che si schierò contro la nuova politica di Programmazione Economica che chiamò “ contrattazione programmatica” poiché “ limitativa della libertà imprenditoriale” ma sulla “ funzione sociale” Gangia convenne che “ occorre rivalutare la figura sociale dell’ imprenditore, ricreare un clima psicologico e politico favorevole all’ imprenditorialità privata”; dell’ avv. Giovanni Agnelli, Presidente della FIAT, il quale affermò che “ la grande contestazione avviata dal marxismo contro l’ impresa capitalistica e tradottasi storicamente nelle nazionalizzazioni e nelle pianificazioni imperative, sembra avviata a conclusione con la vittoria dell’ impresa”.
L’ avv. Agnelli si dichiarò “ contro le nazionalizzazioni” e contro la “ pianificazione imperativa che ha mostrato tutta la sua insufficienza ad affrontare i complessi problemi di un equilibrato sviluppo” ma Agnelli invitò gli imprenditori “ ad evitare ogni tentazione di autosufficienza e cercare il dialogo e la collaborazione con i politici, gli intellettuali e i sindacati”.
Agnelli, vedendo molto lontano, affermò che “ il mercato mondiale è già, oggi, la vera, reale, attuale frontiera dell’ impresa”.
Ancora. Giuseppe Ugo Papi si schierò contro la Programmazione Economica. “ Il programma rappresenta una sola delle possibili dimensioni di certi fenomeni del futuro – affermò Papi - come popolazione, consumo, produzione, scambi con l’ estero ma il programma non è niente di più che una generica “ possibilità di riferimento” per la condotta politica”.
Papi con molta enfasi si augurò che “ gli uomini di ogni Paese sapranno stringersi in uno sforzo concorde per realizzare il massimo bene comune. Sia bene inteso: il massimo compatibile con il benessere di tutti non la luna nel pozzo”.
Sergio Ceccuzzi soffermandosi sulla politica di Programmazione Economica affermò che “ la programmazione, in un Paese come il nostro, è necessaria ed ha un senso solo nella misura in cui essa è capace di creare un concreto superamento degli squilibri economici e sociali che ci affliggono, procurando un ordinato sviluppo della società civile”
“ Questo tipo di Programmazione – disse ancora Ceccuzzi - si deve articolare in rigidi indirizzi per le aziende pubbliche ed in indirizzi “ indicativi” per le aziende private” dichiarandosi quindi contro il “ Progetto ‘ 80”.
Altro intervento significativo fu quello del prof. Ferdinando Di Fenicio che sostenne la necessità di “ mantenere ben fermo l’ aggancio alla realtà poiché è il mezzo migliore per non girare a vuoto o far opera di mera erudizione”.
Colpì l’ intervento del gesuita padre Carlo Messori Roncaglia , sociologo, che sostenne che era molto riduttivo considerare il “ sociale” come semplice derivato dell’ “ economico” mentre era necessario “ una saldatura tra il sociale e l’ economico” mentre Volrico Travaglino affermò categorico che “ l’ economico è necessariamente sociale e il sociale, se vuole raggiungere gli obiettivi cui tende, non può non essere economico”.
Il mio Maestro, il prof. Giuseppe Palomba, affermò che l’ impresa pubblica non necessariamente deve produrre un risultato positivo di gestione se svolge una funzione “ sociale” ai fini dell’ occupazione senza giungere però ad una cattiva organizzazione.
Ed ancora Palomba sottolineò che la massimizzazione del profitto era “ condizionata” cioè non era un “ massimo assoluto” e doveva applicarsi in un sistema dove c’è competizione.
Il gesuita padre Felix A. Morlion accennò a quello che gli anni successivi divenne il pilastro fondamentale del sistema educativo della futura Unione Europea cioè l ‘ “ educazione permanente” ( continuing education) definendo il convegno di Ischia “ il più denso di sostanza e certo il più suggestivo almeno di quelli ai quali aveva partecipato dal lontano febbraio 1949”.
Livio Magnani definì, con accento critico, il convegno una “ sagra del profitto” mentre Luigi Bruni difese il ruolo delle aziende pubbliche a partecipazione statale non mancando di rilevare che “ le imprese, private o pubbliche, non possono risolvere da sole quel problema fondamentale dello sviluppo che è la piena occupazione o massima occupazione”.
Nino Novacco, storico presidente della SVIMEZ, si disse “ deluso dal convegno di Ischia” perché si era parlato troppo della funzione “ economica” dell’ impresa trascurando la funzione “ sociale”.
Novacco assegnò allo Stato il dovere “ di curare gli squilibri produttivi, la disoccupazione, le insufficienze delle localizzazioni delle attività produttive”. Novacco difese la politica degli incentivi ed il ruolo della Cassa per il Mezzogiorno e si disse favorevole alla “ programmazione imperativa” cioè alla nuova politica di Programmazione Economica..
Giuseppe Pera si soffermò sugli aspetti giuridici della retribuzione salariale. Enrico Gustarelli a difesa dell’ economia di mercato affermò che “ senza la libertà economica si perde la libertà senza aggettivi”. Luigi Madia si soffermò sul “ rapporto tra impresa privata e impresa pubblica” con una vivace polemica. Riportata negli atti, con il presidente della seduta, prof. Di Finizio, per certi toni troppo critici nei confronti dello Stato. Giuseppe Alpino difese il sistema della libera impresa ed in polemica con l’ economista della Primavera di Praga, Ota Sik, affermò che “ Ota Sik demolisce il sistema comunista ma non arriva alla conclusione logica ed elementare cioè che il sistema va abolito e sostituito col sistema opposto cioè “ quella miracolosa primavera coltivava l’ illusione che si potesse instaurare la libertà politica mantenendo l’ economia comunista”.
Nella replica finale il prof. Alauro rimarcò citando Stigler che “ la massimizzazione del profitto è la più efficace, la più diffusa, la più persistente delle forze che governano il comportamento imprenditoriale” e che il problema “ sociale” si può risolvere soltanto se si risolve il problema economico ma mise in guardia sul pericolo della “ burocratizzazione delle imprese pubbliche” cioè che potessero diventare dei “ carrozzoni”.
Cianci nella sua replica confermò la sua convinzione che la massimizzazione del profitto dovesse essere obiettivo anche delle imprese pubbliche e confermò i suoi timori per la “ contrattazione programmata” troppo vincolante per le imprese private.
Il Presidente della Confindustria, Angelo Costa, chiudendo il convegno si soffermò sulla “ essenzialità della libertà”.
“ Discutendo del profitto, di essenzialità del profitto – disse Costa – ci siamo accorti che dobbiamo soprattutto e prima di tutto parlare di essenzialità della libertà. Perché se operiamo in regime di libertà, anche la massimizzazione del profitto, è moralmente lecita e risponde alle esigenze sociali” e si appellò ai docenti universitari “ perché insegnino il valore della libertà”.
“ Difendiamo la libertà - concluse Costa - che è l’ elemento essenziale perché l’ uomo sia persona e non individuo”.

6 – I cinque minuti con Palomba e la scelta di vita

Al termine del convegno, mentre i partecipanti andavano via lasciando il Cinema Excelsior ,trovai il coraggio di avvicinare il prof. Giuseppe Palomba, di presentarmi e di scambiare qualche osservazione con lui. Fra i nostri professori alla facoltà di Economia e Commercio era il più disponibile ed alle sue lezioni nell’ aula n. 1 partecipavano centinaia di allievi anche in piena contestazione giovanile che proprio in quell’ anno – il 1969 – fece il suo ingresso nel Palazzo della Facoltà che si trovava a Via Partenope, lontano dalla Università Centrale al corso Umberto.
Gli dissi che stavo seguendo il suo corso sugli aspetti storicistici dell’ espansione capitalistica e che contavo a luglio di dare l’ esame. Palomba aveva allora 61 anni. Era un uomo alto con i capelli bianchi, aperto con gli studenti ma autorevole, e mi tratto con molta simpatia.
Gli dissi che il convegno aveva rimarcato il nesso inscindibile tra economico e sociale ma che non era stato affrontato il problema della disoccupazione nel Mezzogiorno.
“ E vero – mi disse – è stato esaltato il ruolo dell’ impresa e della massimizzazione del profitto ma non si è discusso di quando l’ economico va in conflitto con il sociale. Il problema del capitalismo è tutto qui”.
Ci lasciammo con il suo invito “ a farmi vedere in Istituto” come allora si chiamava il dipartimento di economia politica.
Gli atti del convegno di Ischia ed il primo esame di economia politica con il prof. Palomba, dal suo testo “ L’ espansione capitalistica” rifatto interamente con la seconda edizione proprio nel 1968, furono per me pietre miliari, due testi fondamentali ai quali ho fatto sempre ricorso negli anni a venire.
Capii che in un sistema capitalistico non potevano esistere “ variabili indipendenti” delle quattro categorie dei redditi fondamentali – salario, interesse, rendita e profitto - che ognuna era legata all’ altra e che se era giusto che l’ imprenditore tendesse alla massimizzazione del profitto era altrettanto giusto che l’ operaio o il lavoratore dipendente aspirasse alla massimizzazione del salario e così l’ interesse e la rendita per i loro possessori. Il punto di equilibrio doveva essere determinato dallo Stato.
Da qui la mia convinzione della necessità della politica di Programmazione Economica che non poteva non essere imperativa o vincolante per tutti.
La Programmazione Economica poteva essere la “ Terza Via” tra il comunismo ed il liberismo per assicurare lo sviluppo nel Mezzogiorno e la piena occupazione mantenendo tutte le libertà previste dalla Costituzione.
Da un punto di vista di azione politica il riformismo, in quegli anni, veniva portato avanti soprattutto dal Partito Socialista Italiano e da grandi economisti come Riccardo Lombardi, Antonio Giolitti, Giorgio Ruffolo, Paolo Sylos-Labini, Francesco Forte.
Da qui la mia scelta convinta per il Partito Socialista che tre anni prima, nel 1966, si era “ unficato” con il PSDI di Mario Tanassi e Luigi Preti sotto l’ ala protettiva di Giuseppe Saragat e che soltanto da alcuni mesi – dopo il congresso di Roma del 1968 - si chiamava “ Partito Socialista Italiano, sezione italiana dell’ Internazionale Socialista” su proposta di Pietro Nenni.
L’ unità durò poco. Nel luglio 1969 i due partiti socialisti italiani si divisero di nuovo continuando il “ calvario italiano” delle divisioni all’ interno della sinistra.
A vent’ anni avevo già le mie ferme convinzioni ma arrivarono prematuramente anche le delusioni.