BMW nasce ufficialmente nel 1916, ma solo l’anno seguente assumerà la ragione sociale ora conosciuta. Agli esordi concentrava il suo business sulla roduzione di motori per aerei, che proprio in quegli anni debuttavano sullo scenario bellico. Nell’estate del 1919, però, il trattato di pace degli Alleati impose alla Germania il divieto di occuparsi di costruzioni aeronautiche per un periodo di cinque anni. BMW, quindi, si vide costretta a riconvertire la propria produzione sulle motociclette e sulle automobili; i risultati sembravano brillanti, almeno fino al secondo conflitto mondiale, da cui il gruppo uscì nuovamente e profondamente ferito. La fabbrica di Monaco fu completamente distrutta, mentre lo stabilimento storico (situato ad Eisenach) ricadde nella zona d’occupazione sovietica.
Per BMW si trattava di ricominciare da zero. La ripresa ci fu, ma ebbe breve durata perché nel 1959, complici alcuni modelli poco azzeccati, la crisi finanziaria della società stava inducendo il management ad accettare la proposta d’acquisizione da parte della Mercedes. A questo punto irruppe sulla scena uno dei principali azionisti, Herbert Quandt, il quale non si limitò a salvare la casa bavarese dall’acquisizione, ma addirittura aumentò la sua quota di partecipazione.
Oggi, a distanza di quarantacinque anni, quello stesso marchio che era ad un passo dal fallimento “firma” più di 923.000 automobili all’anno . Il gruppo BMW, ancora di proprietà della famiglia Quandt, conta più di 104.000dipendenti nel mondo (cresciuti del 2,9% nell’ultimo anno), può vantare un risultato netto nell’ultimo esercizio di 1.947 milioni di Euro e vendite in crescita dell’1,6% su base annua. Anche il business su due ruote corre spedito: con 92.962 unità consegnate, i volumi di vendita sono cresciuti rispetto all’anno scorso (per una percentuale pari allo 0,4%) e per l’undicesimo anno consecutivo. Spostando l’attenzione sulle quattro ruote, la divisione auto di BMW, nel suo assetto odierno, comprende altri due marchi storici dell’industria dell’automobile: Mini e Rolls Royce.
Mini ricadde sotto il controllo della casa di Monaco nel 1994, quando l’intero gruppo
Rover fu acquistato dalla casa bavarese per una cifra vicina ai 10 miliardi di sterline.
Tuttavia, nel giro di pochi anni, il portafoglio di marche che il gruppo inglese portava in dote venne gradualmente smembrato: già nel 1999, BMW si accorse di non essere più in grado di gestire la situazione deficitaria di Rover e decise di vendere la divisione “Rover Cars” ad una società, la“Phoenix”, creata da un ex manager del gruppo inglese.
La cifra di vendita venne stabilita simbolicamente in 10 sterline, a patto che l’acquirente si accollasse tutti i debiti del gruppo. Nel contratto figurava però un’altra condizione stringente, rivendicando la quale BMW potè impedire alla Phoenix la commercializzazione di modelli a trazione integrale. Nel frattempo, la divisione Land Rover (i cui fuoristrada stavano già beneficiando della cura rivitalizzante BMW) passò definitivamente sotto il controllo del gruppo Ford. Questa stagione di cessioni lasciò al Gruppo BMW il solo diritto di sfruttamento del marchio Mini, mentre i diritti di produzione del vecchio modello (disegnato dal celebre car designer Issigoris) vennero anch’essi ceduti a terzi.
Anche il gruppo Rolls Royce ha trascorso l’ultimo decennio della sua storia all’insegnadella turbolenza dal punto di vista societario: già nel 1997 fu al centro di una disputa per la sua completa acquisizione tra il Gruppo Volkswagen e il Gruppo BMW.