Il 29 aprile 1906 a Villa Santina fu fondata la “Società anonima cooperativa di consumo Carnica”. Si stabilì che la sede dovesse essere a Tolmezzo e il 19 maggio 1906 essa fu autorizzata a svolgere la propria attività dal regio Tribunale di Tolmezzo. I soci fondatori erano Riccardo Spinotti, Vittorio Cella, Francesco Mazzolini, Riccardo Picotti, Giuseppe De Prato, Nicolò Matteo Caufin, Antonio Topan, Giulio Martinis, Nicolò Gressani, Giovanni Muner, Osualdo De Franceschi, Marco Renier, Lorenzo Missana, Giacomo Iacotti, Giobatta Missana, Riccardo Floreanini e Carlo Fabris.
In pochi anni la cooperazione aveva centrato l’obiettivo, ossia aveva sollevato le masse popolari dall’usura e dalla fame.Il preannunciato sviluppo non si fece attendere, dato che il 6 gennaio 1907 fu aperto lospaccio centrale di Tolmezzo, il quale entro il 1907 fu affiancato da 5 filiali. La Cooperativa carnica di consumo voleva estendere il proprio raggio d’azione nell’intera Carnia, al fine di migliorare le condizioni socioeconomichee alimentari di tutta la popolazione.
Un documento del 1907 consente di conoscere l’attività svolta dalla cooperativa sin dai suoi primi mesi di vita, la quale vendeva all’ingrosso e al minuto, tanto ai soci che ai non soci. La compartecipazione agli utili era riservata solo alle vendite al minuto, mentre gli utili delle vendite all’ingrosso andavano a beneficio degli acquirenti al minuto. La Cooperativa, per favorire lo scambio di merci, accettava derrate anziché denaro. Il socio aveva diritto ad avere credito, presso la Cooperativa carnica di credito, su rilascio di cambiale ad un tasso favorevole. L’interesse era ancora più basso se il credito era richiesto per acquisti presso la Consumo. Il credito era elargito con durata massima pari a 6 mesi; l’eventuale proroga era accettata ma al tasso di interesse ordinario e non a quello agevolato. La composizione sociale della Cooperativa Carnica di consumo annoverava impiegati, piccoli proprietari, professionisti, artigiani, ex emigranti. La società si creò anche un organo di stampa ufficiale, che chiamò “La voce della cooperazione”; ed è proprio nel primo numerodi tale periodico che si possono leggere le finalità del sodalizio che mirava a ribassare i prezzi, aumentare il reddito con la distribuzione degli utili, con la percentuale sugli acquisti e con gli interessi sui libretti vincolati ad acquisto merci. La società non ebbe ovviamente la strada spianata, ma dovette affrontare molteplici avversità. Si voleva
rendere indipendenti i consumatori abituandoli all’acquisto in contanti e insegnando loro il risparmio attraverso la percentuale sugli acquisti. Il successo della cooperativa era indiscutibile e i suoi nemici, o meglio i portatori di interessi contrastanti, perseguivano un sistematico attacco alla società cercando di screditarla in ogni maniera. La Cooperativa superò abilmente queste difficoltà e riuscì ad affiliare a sé tre cooperative di consumo paesane ed alcune latterie. Tra il 1908 e il 1909 essa riuscì a prendere il sopravvento sulle cooperative cattoliche nate in prevalenza nella forma di casse rurali.
Fin dai primi mesi di vita la cooperativa sostenne l’idea di creare, nel nord Italia, un’agenzia per gli acquisti collettivi. Tale istituto sorgerà nel 1908 ad opera del Consorzio tra le cooperative a Milano. Il secondo obiettivo perseguito era la costituzione di un panificio, e successivamente di un mulino per produrre in proprio il pane. Gli affari andavano talmente bene3 che nel 1909 poté permettersi di stanziare un sussidio per le scuole serali di disegno, arti e mestieri. In quegli anni la Cooperativa voleva consolidare un rapporto di collaborazione con le altre realtà cooperative del nord Italia di ispirazione socialista. Assunse, pertanto, la gestione delle baracche-cucina nei cantieri del Consorzio carnico tra le cooperative di lavoro. Nel 1913 le difficoltà economiche nazionali si fecero sentire anche nella Cooperativa carnica di consumo, ma ciò non preoccupò l’amministrazione che riponeva molta fiducia nell’apparato aziendale. L’unico monito dal gruppo dirigente era quello di ricorrere il meno possibile alle banche private per il sostegno economico alla Cooperativa.
Il conflitto mondiale diede alla Cooperativa la possibilità di collaborare con l’esercito distribuendo alimenti alle truppe, sia a quelle di stanza a Tolmezzo, sia a quelle al fronte. Il lavoro svolto dalla Cooperativa fu ottimo, tanto da consentire di ottenere ripetuti riconoscimenti da parte dei commissariati militari. Lo scoppio della prima guerra mondiale causò anche notevoli problemi organizzativi soprattutto per quanto riguardava il trasporto delle merci a Tolmezzo e, da qui, alle filiali. Alcuni tra gli spacci più vicini alla linea di fronte furono chiusi dalla direzione, altri si trovarono impossibilitati a svolgere il lavoro perché erano rimasti privi di personale. Passato il primo momento di sbandamento, la Cooperativa si riorganizzò e riuscì a garantire l’approvvigionamento alimentare alle popolazioni carniche.
Durante la guerra il volume delle vendite crebbe a dismisura, ma l’euforia durò poco perché il 23 ottobre 1917 iniziò la ritirata dell’esercito italiano. Seguì l’aspra invasione austroungarica che obbligò le cooperative carniche a trasferirsi a Bologna. Vittorio Cella fu il timoniere del viaggio e, poi, l’organizzatore delle cooperative per farle sopravvivere anche al di fuori della terra d’origine. Durante l’invasione la Cooperativa carnica di consumo subì gravi perdite soprattutto in derrate alimentari; la perdita di molta merce era preventivabile dato lo sconvolgente scenario europeo; non fu corretto, invece, il rifiuto della domanda di rimborso. Le autorità giustificarono il mancato pagamento dicendo, che il “furto” era da considerarsi bottino di guerra e perciò esente da risarcimenti.
All’inizio del 1919 le cooperative ritornarono in Carnia e l’Unione cooperativa perse la sua ragion d’essere, pertanto, nel settembre 1921, se ne propose la liquidazione.