Il Gruppo Benetton nasce nel 1965 a Ponzano Veneto in provincia di Treviso, ma la sua storia ha radici più profonde.
Negli anni quaranta la situazione economica di molte famiglie italiane era influenzata dalla guerra come prima causa di molte restrizioni economiche e la famiglia Benetton rispecchiava un modello comune di rigore nella gestione delle finanze.
All’epoca i fratelli Luciano e Giuliana Benetton, adolescenti e già orfani di padre, contribuivano alla sussistenza della loro famiglia con dei lavori part-time nelle ore del dopo scuola. Entrambi, già all’epoca, si stavano avvicinando ad un mondo che li sarebbe stato presto familiare: il primo svolgeva attività di supporto alla vendita per privati, la seconda aiutava come apprendista in laboratorio artigianale di maglieria.
Un passaggio importante fu, quando nel 1955 Luciano venne assunto in un rinomato negozio d’abbigliamento a Treviso, noto come Dellasiega, dove ebbe l’opportunità di verificare di persona le tecniche di vendita e le esigenze del cliente. Fu il primo a realizzare come la gestione tradizionale non venisse incontro al consumatore: la merce non era esposta, ma raccolta all’interno di scatole che rendevano possibile l’accesso solo al commesso che doveva rendersi interprete dei gusti e delle esigenze di chi aveva di fronte.
Luciano ebbe qui una geniale intuizione sul mercato dell’abbigliamento: l’idea di avvicinare il cliente alla merce e ascoltare le sue richieste per migliorare il prodotto.
La società intanto stava cambiando e l’economia italiana ed europea si stava avvicinando a quello che poi sarà definito il miracolo economico. La migrazione dalle campagne alle città era un chiaro segnale del cambiamento della vita e delle esigenze dei consumatori; lo stile di vita ora lasciava tempo per coltivare hobby ed attività extra lavorative che richiedevano un abbigliamento diverso da quello per il lavoro quotidiano. In definitiva Luciano intuì che si stava creando spazio per un nuovo mercato, quello della pulloveria: “Adatto sia agli uomini che alle donne, poteva aggiungere una nota informale a giacca e pantaloni o poteva addirittura eliminare la necessità del completo per entrambi i sessi.
Nel 1958 Luciano lascia il suo impiego, l’idea imprenditoriale comincia a prendere forma. Nel corso di una visita a Roma in occasione dei Giochi Olimpici del 1960, il maggiore dei Benetton viene a conoscenza di una nuova formula distributiva: il piccolo negozio specializzato. A differenza degli altri già noti, in questa nuova tipologia, si vendevano prodotti unici (maglieria, cravatte…) pluri-marca che si differenziavano chiaramente dalla situazione da lui già conosciuta di negozio pluri-settore.
Giuliana si occupava della produzione nelle ore post-lavoro, ma con l’aumentare delle richieste non solo iniziò lei ad occuparsene a tempo pieno, ma la produzione si estese presto coinvolgendo famigliari e amici che furono coscientemente diretti dal Luciano Benetton.
Nel 1960 la produzione era arrivata ad ottocento pezzi distribuiti nella zona di Treviso e Venezia.
Ormai la produzione aveva iniziato una crescita rapida e continua. Le Olimpiadi del 1960 richiamarono atleti e spettatori da tutto il mondo e Luciano Benetton non perse l’occasione di reinventare stili e colori ispirandosi ad una società multirazziale. Questo portò, insieme a tutti i fattori sopraccitati, all’introduzione di una rivoluzione avvenuta nel biennio 1960-1962, l’invenzione del macchinario per il tinto in capo: questo macchinario prevedeva che i capi non fossero realizzati con filati pretinti, ma colorati dopo essere stati prodotti. Nel 1962, la produzione raggiunse i 10.000 capi l’anno, nel 1964, si realizzarono 100.000 capi-mese. È chiaro come il cambiamento dal tradizionale metodo portò una riduzione dei tempi di lavorazione e permise la riduzione dei tempi di risposta al mercato ed una più efficiente attività di programmazione.
Alla fine degli anni sessanta l’azienda aveva ormai raggiunto dimensioni indicative: un fatturato di circa dieci miliardi e una rete distributiva di cinquecento negozi, la cui gestione si basava su un flusso quotidiano d’informazioni trasmesse dai rivenditori al telefono, per consentire all’azienda di programmare la produzione in termini qualitativi, quantitativi e per evitare giacenze di magazzino. Per la produzione infatti Benetton ingaggiò differenti tecnici che lavorarono sulla programmazione delle macchine per rendere più efficiente la produzione. Benetton ora usa macchinari numerici collegati ai terminali CAD di Apricot, azienda inglese.
Gli anni settanta/ottanta rappresentano la fase di internalizzazione dell’azienda sia dal lato della vendita che della distribuzione; questo influenzò non solo i fatturati ma tutte le strategie di comunicazioni successive.
Aldo Palmieri nel 1982 prese la posizione d’amministratore delegato all’interno della Benetton S.p.A. Egli decise di creare quattro nuove divisioni: commerciale, personale, manifatturiera e finanziaria. Ad ognuna assegnò un manager di gestione, ogni divisione faceva riferimento a lui e ai quattro fratelli suddivisi per aerea. Inoltre venne costituito un sistema informativo globale per velocizzare e facilitare la comunicazione tra le diverse unità indipendenti l’una dall’altra. Alla fine della sua ristrutturazione erano 25 le persone che facevano capo a lui. La riduzione dei contatti diretti creò molta più efficienza nel lavoro e permise a Palmieri di dedicarsi totalmente alla area della finanza per lasciare la gestione delle altre aeree ai fratelli Benetton. La ri-organizzazione di Palmieri non riguardò soltanto l’organigramma, ma contribuì alla creazione di un nuovo assetto con nuove acquisizioni nella struttura della Benetton Group e di Edizioni Holding.
Negli ultimi anni, soprattutto per considerazioni legate al costo del lavoro, il Gruppo Benetton ha ribaricentrato la localizzazione delle piccole-medie imprese esterne, delocalizzando all’estero parte della produzione fatta in Italia.
All’alba del terzo millennio Benetton si presenta come un Gruppo presente in 120 Paesi del mondo, focalizzato nel settore dell'abbigliamento caratterizzato da una consolidata identità italiana nello stile, design e passione. L'azienda, con una produzione totale di oltre 120 milioni di capi l'anno effettuata per oltre il 90 per cento in Europa, è caratterizzata da un network commerciale (5.000 negozi nel mondo) sempre più orientato verso superfici di vendita grandi per dimensioni e qualità dei servizi, e raggiunge un fatturato totale di 1,9 miliardi di euro prima delle vendite al consumatore finale. Risponde così Luciano Benetton in una intervista pubblicata sul giornale Il Manifesto il 30 marzo 1999: “Il nostro orientamento non è quello di decentrare la produzione nel Far-East o nei paesi non sviluppati. Vediamo invece con attenzione la crescita e le potenzialità che ci sono nell'Europa orientale. Oltre che in Italia, in Francia e in Spagna siamo presenti direttamente in Ungheria, dove produciamo per il mercato locale, per i paesi limitrofi e per l'Occidente. Cioè siamo e vogliamo restare in Europa, l'Europa è il nostro mercato domestico. Ed è anche per l'attenzione che abbiamo per l'est che oggi siamo così preoccupati dalla guerra in Kosovo e in Jugoslavia”.