Si tratta di una tecnica in grado di registrare la dilatazione e la contrazione delle pupille, realizzando un effettivo tracciamento oculare che definisce l’intero percorso effettuato dall’occhio durante la visione. Nasce per scopi clinici, con l’obiettivo di capire come funzionano i meccanismi della visione umana, individuare che cosa si sta guardando in ogni momento o con quale livello di attenzione, attraverso la registrazione della dilatazione e contrazione delle pupille. Quando si guarda qualcosa, infatti, gli occhi si spostano almeno 3 o 4 volte al secondo, seguendo un ordine apparentemente casuale. Ogni spostamento, detto saccade, dura circa un decimo di secondo, mentre le fermate, o fissazioni, durano da 2 a 4 decimi di secondo.

La spiegazione di tale “danza” continua sta nel funzionamento degli occhi: solo la fovea, la parte che sta al centro della retina, vede nitido, con dettagli precisi. Il resto dell’occhio, a mano a mano che si allontana dalla fovea, coglie solo immagine sfocate. È come se osservassimo il mondo da uno spioncino piccolissimo: per questo bisogna continuamente muovere l’occhio all’interno del campo visivo per osservare ciò che ci circonda. Il lobo occipitale del cervello provvede poi a comporre l’immagine, mettendola a fuoco. Inoltre, tra un’immagine e l’altra, la visione si spegne per evitare l’effetto trascinamento. Mentre i movimenti oculari riflettono le operazioni mentali e cognitive del sistema nervoso centrale, le variazioni della dimensione della pupilla sono correlate con l’attivazione/disattivazione del sistema nervoso autonomo, che controlla le risposte emotive.

Studi recenti mostrano che esiste una significativa correlazione tra la dilatazione (midriasi) e l’interesse o attenzione verso un certo stimolo, e tra la contrazione (miosi) e l’avversione o il disgusto. L’attenzione, in genere, si concentra su una piccola porzione dell’informazione percepita, ma rappresenta una necessità per l’avanzamento del processo. La comprensione dell’informazione a livello locale (semantico) e globale (in relazione al contesto, in modo da rimanere sedimentata nella memoria e improntare un’attitudine nei confronti della marca), unitamente ai processi emozionali inconsci, ha un’influenza diretta sulle azioni individuali, nel nostro caso specifico sul potenziale acquisto di un prodotto.
Attraverso la tecnologia dell’Eye-tracking e l’analisi pupillometrica, quindi, si è in grado di formulare un certo numero di ipotesi sugli elementi di successo e sui punti deboli di una campagna di marketing prima che sia presentata al pubblico. Ma a che cosa serve analizzare i movimenti oculari? Registrare e analizzare il comportamento degli occhi di una persona che guarda uno scaffale di un supermercato, esplora un sito web (o le videate di un programma) mentre esegue un compito (per esempio cercare una certa informazione, leggere il contenuto delle pagine, ecc. ) può dare moltissime informazioni sui processi cognitivi.

In effetti, è possibile fare delle deduzioni su:
- Il livello di attenzione nei confronti di ciò che sta osservando;
- Il modo di trattare le informazioni contenute in una pagina o in una pubblicità;
- Le strategie di esplorazione di una pagina o di una pubblicità;
- I possibili problemi che può incontrare.

L’eye-tracking può essere impiegato in diversi ambiti: analisi di immagini quali messaggi pubblicitari, progettazione di siti internet e di libri di facile consultazione, test di usabilità, copy test, advertising test, tv research, test di prodotti, shop studies. Nell’ambito della pubblicità stampata e dei cataloghi, per esempio, l’apparecchio, integrato con uno specifico software, riconosce le pagine ricercate. Ancora, l’uso di telecamere dietro agli scaffali dei supermercati consente di individuare i prodotti su cui cade l’attenzione del consumatore. Il metodo dell’eye-tracking è utile per definire possibili errori di progettazione di comunicati o messaggi in generale. Per esempio, se un prodotto appare in chiusura di uno spot, ma risulta accompagnato da un elemento visivo (un’immagine), l’attenzione è distratta e si rischia di vanificare il collegamento tra il messaggio che si vuole veicolare e il marchio.

L’apparecchio che registra i movimenti oculari prende il nome di remote eye tracker: il dispositivo a infrarossi è nascosto all’interno di un monitor per non disturbare in alcun modo chi osserva l’immagine. I raggi infrarossi emessi vengono riflessi dal cristallino dell’occhio e registrati da un sensore alla velocità di 50 Hz e con un’accuratezza pari a 0,5 gradi del campo visivo. Un modello integrato di test deve prevedere: la realizzazione di simulazioni in laboratorio per definire risultati comparabili in contesti controllati e variare i possibili stimoli con il reality tracking, ovvero metodi previsti in un contesto naturale. Quest’ultimo rappresenta l’Eye-tracking realizzato nella realtà della quotidianità, basato su una piccolissima telecamera inserita su un cappellino, o su occhiali ad hoc, che realizza:
- Analisi del contesto (in quale spazio e ambiente si spostano i consumatori durante tutto il giorno);
- Analisi dell’uso del prodotto (come i prodotti sono acquisiti e usati nella vita reale);
- Mixed media analysis (quali mezzi di comunicazione sono usati e per quanto tempo);
- Mixed marketing analysis (quali, quando e per quanto tempo sono percepiti i comunicati).

Tra i metodi quantitativi realizzati con l’eye-tracking, è possibile distinguere diversi tipi di analisi. L’analisi della fissazione in cui all’utente viene chiesto di osservare liberamente il display visivo per un certo tempo, cercando il messaggio/significato globale per individuare l’area generale di interesse. L’analisi delle saccadi in cui all’utente viene indicato di osservare liberamente il display visivo per un certo periodo di tempo, cercando il messaggio/significato globale. L’analisi è sequenziale, concentrata su molteplici e consecutivi segmenti visivi. L’analisi del saccadi con orientamento al compito in cui all’utente viene chiesto di eseguire un compito, come creare un informazione precisa, per un certo periodo di tempo. La valutazione del ritmo visivo in cui si realizza congiuntamente una analisi della fissazione, delle saccadi e della distribuzione.

Studiare l’usabilità con i metodi tradizionali, come l’analisi del clic, consente una sola visiva descrittiva del comportamento dei soggetti e non permette di localizzare l’origine del problema (perché non hanno schiacciato il pulsante). L’eye-tracking consente invece di rilevare il percorso dell’attenzione visiva sul schermo: per quanto tempo l’utente focalizza un oggetto particolare su quale frame dello schermo passa la maggior parte del tempo, quale parte lo confonde o è difficile da capire, dove l’utente si aspetta di trovare certe informazioni sullo schermo e si possono rilevare insicurezze ed esitazioni nel comportamento, che non potrebbero essere rilevate con altri metodi.

L’eye-tracking non è quindi una metodologia sostitutiva, ma fornisce valori integrativi delle ricerche di usabilità tradizionali. Queste infatti, possono dare problemi di validità di dati o possono rilevarli in maniera disordinata o perfino errata; per contro, i dati eye-tracking possono rilevare risposte distorte dei soggetti a causa della situazione ambientale artificiale e in altri casi i risultati potrebbero essere annullati, cosa che non avviene nella ricerca tradizionali perché non è possibile, se no con grande difficoltà, isolare i dati sbagliati da quelli correttamente rilevati. Per questo i risultati dell’eye-tracking hanno una maggiore attendibilità. Un altro vantaggio dell’eye-tracking è la sua facile applicabilità. Mentre i metodi convenzionali si basano su rilevazioni di tipo descrittivo, l’eye-tracking fornisce una diagnosi su l’origine del problema, chiedendosi se è causato da problemi di percezione o da problemi di percezione.