A partire dalla fine della seconda Guerra mondiale, il modello generalmente accettato per la definizione del processo di innovazione è stato quello cosiddetto “lineare”. In questo modello, un soggetto fa ricerca, la ricerca porta allo sviluppo, lo sviluppo alla produzione e per finire alla vendita. Questa serie di eventi sono implicitamente visti come un fluire lineare lungo un sentiero prestabilito.

Il modello lineare però, distorce la realtà in vari modi, ma gli studiosi hanno cercato di risolvere tali distorsioni nei modelli di più recente sviluppo. Comunque i nuovi modelli non sono ancora stati utilizzati specialmente in politica, dove si è preferito non abbandonare un modello, seppur imperfetto, finché non ne veniva trovato uno migliore.

La principale pecca dei modelli lineari è la mancanza di sentieri di feedback durante il processo di sviluppo dell’innovazione e tanto meno sono presenti flussi informativi derivanti dalle settore delle vendite o dagli utilizzatori finali. Tutte queste, però, sono forme di feedback fondamentali per la valutazione delle performance, dei passi successivi da compiere nel processo, nell’identificazione della posizione competitiva sul mercato.
In un mondo ideale di tecnici onniscienti forse si riuscirebbe ad identificare il design dell’innovazione ottimizzato al primo tentativo. Nel mondo reale dove l’informazione è imperfetta, le persone sbagliano e dove l’incertezza è elevata questo sembra assolutamente casuale. Fallimenti ed errori sono parte integrante del processo di creazione di qualsiasi tipo di innovazione. Il processo innovativo quindi necessita di feedbacks rapidi e precisi e di contromosse appropriate.

Le innovazioni radicali e rivoluzionarie prosperano meglio in un ambiente dove gli inputs informativi sono multipli. Innovazioni ordinarie e evolutive richiedono un adattamento e assestamento dei vari elementi. In entrambi i casi feedbacks e vari tentativi sono essenziali. Un’altra difficoltà connessa ai modelli lineari è il fatto che il processo di fondamentale importanza nell’innovazione è il design e non la scienza. Un design in qualche modo è essenziale per iniziare innovazioni tecniche, e i redisigns sono fondamentali per il successo, per i motivi appena esposti per quanto riguarda la necessità di vari tipi di feedbacks.

I problemi che nascono dal processo di designing e testing di nuovi prodotti e nuovi processi spesso generano ricerca, vera e propria scienza, e hanno in alcuni casi stimolato la nascita di nuove branche della matematica. Un altro aspetto è che spesso la scienza è dipendente, in senso assoluto, da prodotti e processi tecnologici per progredire. E’ dibattuto se, nel corso dei secoli, dipendesse più la scienza dai processi e prodotti tecnologici o l’innovazione dalla scienza. L’impulso per la creazione di nuovi materiali è stata spesso il risultato diretto di feedbacks derivanti da problemi incontrati nella creazione di innovazioni come turbine a vapore, motori a reazione, semiconduttori, pannelli solari, ecc. Nel suo lavoro sul sistema di illuminazione elettrica, Edison dovette assumere un matematico per studiare il sistema parallelo, sebbene non apprezzasse molto gli scienziati e i matematici. Il sistema parallelo è un elemento così importante, che senza di esso sarebbe impensabile l’ingegneria elettrica per come è conosciuta oggi. Questo è uno di tanti esempi in cui per risolvere un problema derivante da lo sviluppo di una innovazione nasce una nuova scienza o branca di essa.

Quindi in una visione completa bisogna riconoscere non solo che l’innovazione si basa sulla scienza, ma anche che spesso le necessità dell’innovazione spingono per la creazione di nuova scienza. Nel mondo moderno le interazioni tra scienza e tecnologia sono molto forti, ma questo non ci deve indurre ad accettare la generale connotazione che viene data alla tecnologia di mera applicazione pratica della scienza, in quanto se così fosse la nostra idea di innovazione sarebbe sempre confusa. Il fatto sopra indicato per cui l’innovazione spesso genera scienza e che necessita di feedbacks, dovrebbe essere sufficiente a far rinnegare la troppo semplicistica visione del modello lineare. L’idea che l’innovazione è mera applicazione della scienza è così intrisa nel pensiero corrente che conviene esaminare la definizione di scienza per comprenderne sì l’importanza, che però è limitata. La scienza può essere vista come “la creazione, scoperta, verifica, confronto, riorganizzazione, e divulgazione di conoscenza riguardante la fisica, la biologia ecc”. Le due componenti della scienza che maggiormente influenzano l’innovazione sono la totalità delle conoscenze accumulate finora e il processo per cui si aggiunge conoscenza tramite la ricerca a quella già esistente. La conoscenza nuova prodotta annualmente però è minuscola se comparata a quella esistente ed è l’intera conoscenza esistente che viene presa in esame quando ci troviamo di fronte a un problema di innovazione. L’idea di poter fare un’innovazione solo con la conoscenza prodotta negli ultimi anni è poco verosimile infatti è impensabile il design di quasi tutti i moderni sistemi senza l’intera conoscenza accumulata in meccanica, cinetica, elettromagnetismo, termodinamica, biologia, chimica, meccanica quantistica, ottica, biochimica e così via. La scienza non è assolutamente non importante, ma ciò che deve essere sottolineato è che gran parte dell’innovazione è fatta con la conoscenza esistente all’interno dell’organizzazione che fa il lavoro e in misura minore con conoscenze facilmente acquisibili dall’esterno. Solo quando queste fonti informative sono insufficienti per risolvere il problema interviene la ricerca per integrare le conoscenze necessarie a completare una data innovazione. Quindi la nozione per cui l’innovazione è iniziata dalla ricerca è sbagliata molte volte. Ci sono delle volte in cui l’innovazione scaturisce dalla ricerca e queste sono spesso importanti, innovazioni rivoluzionarie, come nel caso dei semiconduttori, dei laser, dell’ingegneria genetica; ma comunque l’innovazione deve passare attraverso una fase di design e deve rispecchiare le necessità del mercato se vuole essere completa. In genere la fase iniziale di invenzione ha un impatto economico limitato, mentre è nella seconda fase di miglioramento e di sviluppo, in cui viene perfezionata l’innovazione in seguito a tutti i feedbacks, che si hanno le conseguenze economiche più rilevanti. Va altresì notato che questa seconda fase molto spesso non coinvolge affatto la ricerca scientifica, ma bensì le conoscenze già presenti all’interno dell’organizzazione (riguardanti le infrastrutture tecnologiche del tempo, come l’organizzazione lavora, il mercato finale).

Molto importante per comprendere l’innovazione è capire che anche quando la scienza era inadeguata o persino assente l’umanità è riuscita a creare innovazioni importanti, e tutta una serie di innovazioni incrementali. Un esempio di questo è la bicicletta: la scienza non è ancora in grado di analizzare la stabilità di una normale bicicletta. Questa mancanza di teoria però non ha impedito di produrre un centinaio di anni fa la bicicletta e di migliorarla negli anni. Se fosse stata la scienza ad iniziare il processo innovativo la bicicletta non sarebbe mai esistita. Esiste anche un altro modello lineare però “market pull”.

MARKET NEED >>> R & D >>> MANIFACTURING >>> MARKETING

Un tale modello spiega l’innovazione come il soddisfacimento di un necessità derivante dal mercato. Un modello così articolato spiegherebbe in maniera abbastanza soddisfacente le innovazioni incrementali derivanti da un feedback emesso ad esempio dalla direzione vendite o marketing; premesso che il potenziale compratore o utilizzatore sia in grado di esprimere in modo chiaro e percepibile dall’impresa i propri bisogni. Bisogni del quale, l’utilizzatore, essendo molto spesso questi indotti, non è neanche a conoscenza. Non spiegherebbe però le innovazioni di rottura o rivoluzionarie, quelle cioè che vanno a soddisfare una necessità che ancora non esiste nel mercato. Comunque, essendo un modello lineare, difetta nel rappresentare il processo innovativo, tutt’altro che lineare, in cui riveste un ruolo essenziale l’apprendimento derivante dalla continua produzione.
Appurato che modelli lineari rappresentano male la realtà del processo innovativo, come può essere rappresentato? La letteratura propone un altro modello chiamato “Chain-Linked Model”.