La tesi insita del titolo entra nella vasta letteratura di critica al capitalismo, su cui moltissimi autori si sono spesi con risultati evidentemente eccellenti: ciò nonostante, il capitalismo viene definito ancora una forma di economia, da alcuni la forma migliore attualmente possibile seppure modificabile per correggere eventuali distorsione ed anomalie. E’ mio convincimento che ci troviamo di fronte ad un errore grave, il considerare appunto il capitalismo una forma di economia, e non già come a me pare evidente una non economia, o tutt’al più una dis-economia per eccellenza, molto somigliante ad una forma politica di governo e di organizzazione internazionale.
L’assunto di partenza non può che basarsi sul significato della parola economia: non volendo discorrere su quale sia la migliore definizione di economia, possiamo rifarci a quella di un “noto dizionario” che interpreta l’economia come la scienza che studia le scelte razionali, per impiegare risorse scarse, che possono avere usi alternativi, allo scopo di produrre vari tipi di beni e servizi, nonché le scelte volte a distribuire questi ultimi tra gli individui e i gruppi sociali per soddisfare al meglio i bisogni individuali e collettivi.
Ebbene, dall’ultima parte della definizione apprendiamo che l’economia è una scienza che cura i bisogni dell’uomo, individuali e collettivi. E nella prima parte si dice che li cura attraverso scelte razionali.
Domandiamoci ora se il capitalismo ottempera tali condizioni. Il “noto dizionario” dice che è comune nelle varie definizioni di capitalismo che esso sia un "sistema economico in cui i beni capitali appartengono a privati individui". Ora, poiché la proprietà della ricchezza non è uniforme, sia in relazione agli individui, sia in relazione alle nazioni o alle aree del mondo; vista la necessità insita nel capitalismo di accumulare capitale in maniera tale da reinvestirlo in attività produttive che generano ricchezza e che parte di tale ricchezza andrà ad aumentare il capitale originario; è facile dedurre che il vantaggio iniziale in termini di possesso dei beni sarà determinante per la distribuzione della ricchezza nel tempo tra gli individui e tra le aree geografiche del pianeta, tanto più grande è il divario iniziale.
David Ricardo con la teoria dei vantaggi comparati e le raffinazioni di Heckscher-Ohlin sul commercio ottimale dei beni riescono a dimostrare un riequilibrio del sistema solo in presenza ipotesi di partenza non appartenenti ad un mondo reale e non verificabili alla prova dei fatti. D’altronde, il corpus teorico e scientifico che fa capo allo “scambio ineguale” dimostra l’impossibilità di un riequilibrio di risorse e di ricchezze attraverso il commercio internazionale, ponendo come base per un miglioramento delle condizioni uno scambio sud-sud senza velleità di risoluzione dei problemi etici ed economici.
La riduzione progressiva del plusvalore e l’azione della concorrenza perfetta danno a Marx l’arditezza di predire la fine naturale del capitalismo, sotto ipotesi e condizioni di partenza inizialmente definite; lo studio di Marx e le forze della storia hanno portato ad una ridefinizione del capitalismo sempre più come fenomeno finanziario, dove la moneta è letteralmente creata dal nulla e può essere allocabile con discrezione piena, dove la massimizzazione del profitto cede il passo alla garanzia di un soddisfacente rendimento finanziario.
Passiamo alle scelte razionali. Lo sfruttamento dei beni di proprietà di un singolo consente l’uso indiscriminato del bene stesso fino al deperimento ed alla sua distruzione. Non stupisce quest’ultimo evento alla luce della teoria del ciclo vitale che ci può far dire che l’utilizzo di un bene da parte di un singolo non può che esaurirsi nell’arco temporale di una “vita” e che non vi sono ragioni economiche che portino alla sua preservazione, (tutt’al più ragioni di tipo etico-morali che porterebbero a riconsiderare l’economia nell’ambito dei sentimenti morali di smithiana memoria e a riconsiderare completamente il significato e l’agire economico …. ).
Ancora, lo sfruttamento dei beni di un singolo (si pensi ad un’impresa) determina le esternalità negative. Tali esternalità magistralmente studiate nell’economia del benessere rappresentano un costo per la collettività; nella maggior parte dei casi, tale costo è superiore al vantaggio per la singola impresa, specie in un arco temporale sufficientemente lungo (si pensi all’inquinamento ed ai costi sociali e sanitari, o solo alla perdita di vite umane); se si attribuissero dei prezzi-ombra, la più parte dei progetti economici di imprese, stati e delle politiche internazionali non avrebbero senso economico!
Da ultimo, solo per brevità, l’appropriazione di nuove aree di territorio tramite il diritto di proprietà (e quindi di sfruttamento e di utilizzo), ha reso l’ecosistema a rischio in alcune parti del mondo e fragile l’ecosistema mondo; il corpus teorico legato alla decrescita felice portano ritengo sufficienti argomentazioni per la costruzione di un sistema economico diverso e più efficace dal lato delle scelte razionali per l’utilizzo dei beni.
L’analisi dei due assunti iniziali, capisaldi come abbiamo visto affinchè il capitalismo possa dirsi economia, sembra porti ad una clamorosa sconfessione! Intuiamo infatti dai principi delle argomentazioni portate, che il capitalismo può tutt’al più portare al miglioramento delle condizioni economiche di una parte degli individui, e di una parte che inesorabilmente tende ad assottigliarsi nel corso del tempo, e che questa parte può star meglio solo a condizione che peggiorino fortemente le condizioni di un’altra parte e in maniera lieve le condizioni di tutti; nella seconda parte abbiamo visto che altra condizione è il progressivo deterioramento delle condizioni vitali dell’umanità nel suo complesso dato sia dall’esaurimento delle risorse economiche che dall’insorgere di problematiche di precarietà del sistema sociale e ambientale.

Nelle scienze umane, la tesi di un piccolo insieme che danneggia un insieme più grande fino ad arroccarsi in un confine inviolabile a danno della pluralità, porta o alla scorrettezza della tesi o alla sua totale fallibilità e insussistenza. O il capitalismo non è una teoria economica o è la più inadeguata possibile.
In ambedue i casi, è evidentemente da fuggire come base per le politiche economiche di una organizzazione delle nazioni unite.
Se quanto asserito (certo non da me, ma dal lavoro di migliaia di economisti in cinque secoli di economia e nelle differenti latitudini terrestri) dovrebbe venire accademicamente accettato, diversamente, appaiono poco onesti intellettualmente i tentativi di attenuare le distorsioni del capitalismo attraverso le contaminazioni dell’etica, che portano ai processi di qualità, alle certificazione etiche, alle carte dei valori. Immagino più proficuo rifiutare in ogni sede ed in ogni scambio di opinioni l’economicità del capitalismo e costruire insieme, anche sulla piattaforma di tesi online, altri sistemi economici basati sul soddisfacimento dei bisogni, dei desideri e delle aspettative dell’intera collettività, che abbiano il vincolo di un orizzonte temporale medio-lungo, in cui gli attori sociali dispongano non già della proprietà ma di un temporaneo possesso e di un discreto utilizzo del bene. E diversi altri sistemi economici sono stati immaginati e continuano ad esserlo senza la visibilità necessaria. Sta a noi scoprirli e lavorare ad una possibile implementazione.