Il sistema economico e produttivo italiano sta vivendo una grave crisi.
In un sistema globalizzato dove la concorrenza è fortissima e spesso sleale, si devono fare i conti con prodotti che giungono da ogni dove: arrivano sul mercato lasciando alla produzione locale spazi irrisori.
La globalizzazione porta ad un appiattimento generalizzato delle produzioni: la tendenza all’omologazione è fortissima.
In questo contesto l’unica possibilità per non soccombere nella sfida competitiva è quella di far emergere in maniera decisa la propria identità e le proprie specificità, non rinunciando alle tradizioni ed ciò che si è fatto per secoli. È anzi necessario specializzarsi nelle produzioni tipiche ed artigianali e mantenerne alto il livello perché i mercati ai quali ci si rivolge non sono quelli di massa, dove la guerra è sul prezzo, ma quelli d’élite (oltretutto più remunerativi) dove l’attenzione del consumatore non è sul costo ma sulla qualità.
Spesso nelle produzioni artigianali locali la qualità non è un obiettivo da raggiungere, ma un tesoro da mantenere: ma questo tesoro rischia continuamente di perdere splendore.
L’eccellenza è spesso sinonimo di “made in Italy”, quindi dovrebbe essere il punto di forza della produzione italiana, invece si cede sempre più spesso alla tentazione di abbassare il livello qualitativo a fronte di un abbattimento dei costi di produzione, con il risultato che spesso il prezzo finale non si abbassa di molto ma, al contrario, le caratteristiche che rendevano il prodotto unico e pregiato vengono meno.
Le insidie per i prodotti di artigianato non finiscono qui: la concorrenza presenta anche prodotti molto simili e di fattura altrettanto elevata, ma le strategie e la promozione posta in essere da altri territori sono sovente di gran lunga superiori alle nostre.
La qualità deve essere quindi un impegno primario ed irrinunciabile per le imprese e gli artigiani che vogliano sopravvivere nell’era della globalizzazione e della concorrenza tra territori.
Per i prodotti artigianali in particolare, al momento della proposta del prodotto al mercato, la contrattazione non si può sviluppare su molti livelli: non è possibile puntare sul prezzo, perché i costi di produzione sono altissimi e determinano un prezzo finale altrettanto elevato; pressione fiscale, costo del lavoro e delle materie prime non permetteranno mai di essere competitivi con Paesi dove la realtà produttiva è completamente differente (basti pensare a quelli emergenti); la particolarità della lavorazione, infine, spesso non può garantire nemmeno tempi celeri e produzione elevata.
L’unica arma, l’unico argomento di discussione che rimane è quello della qualità: è quindi proprio sulla qualità che bisogna continuare a lavorare.

Proprio per rispondere alle problematiche prodotte dalla globalizzazione negli ultimi anni si è proposta, come possibile via d’uscita, la soluzione di uno sviluppo locale che utilizzi le risorse locali, le risorse del territorio, come elementi propulsivi.
Diversi mutamenti radicali sono avvenuti nelle politiche, nelle logiche, negli strumenti e negli attori dello sviluppo locale.
La spinta comunitaria verso l’adozione di paradigmi di progettazione e di governance “bottom-up” (dal basso verso l’alto), le riforme amministrative verso il decentramento e verso logiche di sussidiarietà orizzontale e verticale, l’evoluzione della programmazione negoziata, l’attenzione ad una progettualità partecipata ed integrata, la riduzione delle risorse pubbliche disponibili e la necessità di coinvolgimento del privato nella progettazione e nel finanziamento, la scomparsa istituzionale di alcuni attori e la nascita di altri (es. agenzie di sviluppo locali, sistemi turistici, etc.); sono solo alcuni dei mutamenti che mostrano come lo sviluppo locale, un settore di per sé già caratterizzato da un’estrema trasversalità e dalla compresenza anche difficile di tematiche differenti (ambientali, culturali, sociali, giuridiche, economiche), stia vivendo trasformazioni radicali, che può offrire però diversi spazi di inserimento a soggetti competenti, in grado di cogliere le opportunità offerte dal mutare dello scenario di riferimento, di sfruttare le dinamiche di evoluzione del contesto, di rispondere in modo versatile alle diverse esigenze degli attori coinvolti a differenti livelli nei processi di sviluppo.
Il processo di sviluppo di un territorio è infatti frutto di strategie, fasi, attori, risorse, azioni, tempi estremamente differenti, che non è possibile ricondurre ad un unico modello teorico potenzialmente applicabile ovunque.

A fronte quindi di uno scenario che vede una riduzione progressiva della competitività di determinati settori industriali rispetto alla concorrenza soprattutto dei Paesi dell’Est, è possibile puntare con decisione sul made in Italy (sinonimo di eccellenza e qualità), sul patrimonio ambientale unico, sull’incredibile patrimonio artistico e culturale italiano, sui prodotti tipici in grado di apportare un “valore aggiunto” inimitabile.

Tale strategia deve partire da alcuni obiettivi concreti:
• Sostenere lo sviluppo e la commercializzazione delle produzioni locali ed artigianali (tipiche e tradizionali)
• Promuovere l’affermazione di un’immagine del territorio fortemente legata alla sua identità culturale, gastronomica ed artigianale.
• Migliorare la visibilità dei produttori che lavorano con professionalità nell’ambito della tradizione e della tipicità.

Il momento è senza dubbio propizio perché l’interesse dei consumatori verso offerte territoriali ricche di autenticità e tipicità è cresciuto notevolmente, fino quasi ad assumere le proporzioni di un movimento di massa.
Come si sa, i prodotti rappresentativi dell’identità del territorio sono sempre più “motivazioni di viaggio” e, più in generale, di impiego del tempo libero nel nostro Paese ed all’estero.
Nei confronti dei prodotti tipici, il consumatore è sempre più orientato a stili di consumo fondati sulle componenti di esperienza, di scoperta e di relazione legate al prodotto ed al territorio da cui nasce.
Il turista, una volta attratto soprattutto dalle città d'arte e dalle bellezze architettoniche italiane, è diventato più attento al patrimonio di identità nel suo complesso: oltre a musei e monumenti, l'interesse si è focalizzato sempre più sulla vita rurale, sul paesaggio naturale e sulle tradizioni locali.
Un dato deve fa riflettere: gli oltre 60 milioni di viaggiatori giunti nel 2006 in Italia hanno lasciato un totale di quasi 29 milioni di Euro…una risorsa che non può assolutamente andare sprecata.

Di fronte a questo scenario variegato, frammentato e di difficile interpretazione, pur ribadendo che non esiste un unico modello teorico di sviluppo, puntare sul patrimonio culturale (materiale ed immateriale) ed ambientale di un territorio può costituire una leva capace di rafforzare (in termini globali) la competitività di un territorio e, contemporaneamente, di incrementare e garantire uno sviluppo economico e sociale nel medio-lungo periodo; uno sviluppo sostenibile in grado di migliorare la qualità della vita delle persone e dei soggetti che vivono e compongono il territorio.
Attraverso i loro impatti ed indotti, da non valutare assolutamente in termini esclusivamente economici, le risorse del territorio possono costituire un volano per la crescita quali-quantitativa del sistema socio-economico locale, a condizione però che si sappia operare sul territorio in un’ottica di pianificazione strategica, di integrazione e promozione delle risorse, degli attori, in una logica di valorizzazione delle specificità. Solo così le risorse endogene del territorio si potranno trasformare in ingranaggi fondamentali di un meccanismo virtuoso di sviluppo.