Questo paper ha l’obiettivo di introdurre e analizzare gli effetti e le prospettive della liberalizzazione del settore delle utilities nella Regione Campania. Partendo dall’esposizione delle principali caratteristiche del settore e del processo in atto, passando per l’analisi dei principali fattori socio economici del sistema regionale, l’aspetto maggiormente considerato è stato il rapporto tra lo stato del settore e il contesto di riferimento. Attraverso l’approfondimento dei diversi comparti (ambientale, energetico, idrico e trasporti pubblici locali) si è poi messo in evidenza come il problema principale sia quello di essere intervenuti, negli anni passati, senza mai avere una visione di insieme e di sistema. Ciò ha portato ad un livello di infrastrutturazione deficitario che rischia di influire negativamente sul sistema economico regionale. Dai dati emersi dalla ricerca, si può affermare, quindi, che la Campania ha l’occasione di trasformare quelle che per ora sembrano minacce in opportunità di sviluppo per l’intera regione. Per tali motivi, se la Campania intende avviare un ciclo economico positivo, è necessario intervenire sui servizi pubblici locali che rappresentano, inoltre, un fattore indispensabile per elevare la qualità della vita di ogni cittadino.

Metodologia di analisi
L’analisi è stata effettuata attraverso l’utilizzo di materiale teorico generale per l’inquadramento del contesto di riferimento. Per l’approfondimento sul caso della Regione Campania, invece, si è fatto ricorso a documenti reperiti presso Enti Pubblici Locali e ad alcune interviste a dirigenti delle attuali società erogatrici dei servizi in questione e ad alcuni politici della Regione.

Evidenze principali
In questi ultimi anni i servizi di pubblica utilità di maggiore rilevanza industriale (telecomunicazioni, energia elettrica, gas naturale, servizi idrici e trasporti pubblici locali) hanno affrontato, e stanno attraversando ancora, una profonda fase di discontinuità e di riforma. Questi processi di liberalizzazione e privatizzazione hanno l’obiettivo di rendere i mercati nazionali sempre più competitivi ed efficienti attraverso il ridimensionamento dell’intervento dello Stato e la nascita di nuovi operatori.
Il processo, però, non è stato omogeneo su tutto il territorio nazionale: alleanze ed aggregazioni hanno caratterizzato le strategie delle ex-municipalizzate delle regioni del Nord e del Centro Italia, spinte dalla necessità di aumentare le proprie dimensioni nel nuovo contesto competitivo; una parziale inerzia è, invece, la caratteristica comune degli operatori del Sud Italia.
Il perché di questa analisi risiede, quindi, nella volontà di comprendere sia gli aspetti economici che quelli sociali che hanno portato la Regione Campania ad essere in una situazione di ritardo nel processo di riforma dei servizi pubblici locali. Nel corso dell’analisi, inoltre, si cerca di rispondere alla domanda contenuta nel titolo stesso e, cioè, se tale liberalizzazione rappresenta una opportunità o una nuova minaccia per la Regione Campania. Dall’analisi si è escluso il comparto delle telecomunicazioni per il fatto che, dopo l’illusione della bolla legata ad internet, quasi tutte le local utilities hanno disinvestito totalmente dal settore.
Elettricità, gas, risorse idriche, mobilità e protezione ambientale, sono tutti “beni” fondamentali per la nostra vita. Beni indispensabili sia per le attività di tutti i giorni, quelle più semplici, come, ad esempio, aprire un rubinetto per sciacquarsi le mani o accendere un fornello per cucinare, ma anche, e soprattutto, per lo sviluppo del sistema economico-industriale di qualsiasi Paese. Non è scontato, però, riuscire a cogliere le complessità gestionali e industriali che sono a monte dell’erogazione di questi servizi, considerati da molti cittadini, purtroppo, solo un diritto. E’ difficile capire che a fronte dei notevoli progressi nel settore ci vogliano, in ogni caso, dei “piccoli sacrifici” da parte di ogni cittadino, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile che possa assicurare a noi e alle generazioni future un tenore di vita più alto. Questo, però, non avviene, e la classe politica, rispettosa, a volte fin troppo, delle richieste e delle esigenze dei propri elettori ignari delle reali problematicità legate ai servizi pubblici locali, rischia di prendere delle decisioni in parte scorrette e non sempre a reale vantaggio degli stessi cittadini.
Le Regioni e gli Enti Locali, nel ruolo di erogatori o in quello di regolatori, devono assicurare la fornitura di una vasta gamma di servizi pubblici ai cittadini. Negli ultimi anni, inoltre, la crescente varietà e complessità della domanda sociale, richiedendo risposte flessibili ed articolate, in termini organizzativi, finanziari e produttivi, impone compiti sempre più impegnativi alle Istituzioni Locali, che vanno valutati attraverso parametri di natura tecnica, economica e sociale. Perciò, per comprendere a fondo le motivazioni che hanno portato, fino ad ora, ad un ritardo nel processo di liberalizzazione del settore dei servizi pubblici locali e per individuare il perché dell’inerzia degli operatori campani, appare utile fare una “fotografia” del contesto di riferimento. Fattori quali il reddito pro-capite, la densità di popolazione, la dotazione infrastrutturale e la criminalità organizzata, possono essere molto utili a delineare anche le possibili evoluzioni del comparto.
Si pensi che, con un reddito pro-capite pari a circa il 65% della media nazionale, la Campania è tra le Regioni più povere d’Italia, .anche se in linea con il resto del Mezzogiorno. A questo si deve aggiungere, in via generale, un alto tasso di disoccupazione, pari al 24,7% circa, e un elevato tasso migratorio. In generale, si nota una certa correlazione tra reddito pro-capite e stato della liberalizzazione, forse anche dovuta al fatto che il maggior reddito è dato da una densità industriale maggiore, e proprio i grandi clienti hanno rappresentato il motore propulsivo della riforma.
Anche dal punto di vista infrastrutturale la Campania è un pò carente, in particolare per gli impianti energetici (elettrico soprattutto) e ambientali, e per porti ed aeroporti. Questo deficit influisce negativamente sulla possibilità di implementare delle strategie di sviluppo all’interno della regione, sia per gli operatori esistenti, sia per i nuovi entranti.
Vi sono, poi, altri fattori che influiscono generalmente su qualsiasi attività economica, in particolare, la criminalità organizzata. A questo punto si passa ad analizzare i tratti principali dei singoli comparti.

Il comparto dei rifiuti
Il problema dei rifiuti in Italia e, soprattutto in Campania, ha assunto negli ultimi anni proporzioni tali da diventare uno dei maggiori problemi, non solo di tipo ecologico e sanitario, ma anche una fonte di preoccupazione sociale. Purtroppo, l’ecologia e la protezione dell’ambiente solo negli ultimi anni hanno assunto quella importanza che avrebbero meritato già da tempo.
In Campania, da dieci anni, esiste un Commissario straordinario di Governo per la gestione dell’emergenza rifiuti, ma la situazione sembra non essere cambiata affatto. Il livello di raccolta differenziata è molto ridotto e, intanto, non si riescono a realizzare quegli impianti necessari al completamento del ciclo dei rifiuti, spesso a causa delle forti opposizioni da parte dei cittadini.

Il settore energetico
Per quanto riguarda il settore elettrico, la Campania presenta un forte deficit. Ciò si traduce in una forte dipendenza dalle importazioni da altre regioni e in un sistema poco affidabile e sicuro. Anche qui il problema risiede nella difficoltà a realizzare nuovi impianti di produzione osteggiati, ancora una volta, dai cittadini.
Nel comparto del gas naturale, invece, la situazione è piuttosto buona, al 2003, l’82% della popolazione regionale può usufruire del servizio e al completamento degli interventi programmati, solo il 3% della popolazione resterà scollegata dalle condotte.
La estesa metanizzazione potrebbe anche facilitare la localizzazione delle nuove centrali elettriche a ciclo combinato, risolvendo al tempo stesso il deficit energetico regionale.


Il settore idrico e i trasporti pubblici locali
Negli ultimi anni, tra i settori che hanno vissuto il maggiore dinamismo in Campania ci sono sicuramente i Trasporti Pubblici Locali e il comparto idrico.
Nel settore delle risorse idriche, infatti, la Campania ha applicato i dettami della Legge Galli abbastanza in anticipo rispetto ad altre Regioni d’Italia. Ciò può, in parte, essere spiegato dalla necessità di rispettare i termini per ottenere quelle risorse comunitarie che risultavano indispensabili per il miglioramento della dotazione infrastrutturale. Ad oggi, tutti gli Ambiti risultano insediati ed uno di essi, quello Sarnese Vesuviano ha affidato il servizio ad un gestore unico.
Dall’altro lato, invece, il settore dei trasporti ha fortemente risanato i conti delle aziende pubbliche ed è stato in grado di impegnarsi in grandi programmi di investimenti in infrastrutture. Si pensi alla Metropolitana Regionale ed all’investimento in autobus, tram e filobus per l’azienda urbana di Napoli attraverso l’emissione di titoli sul mercato finanziario americano. Di recente l’acquisto da parte di tutte le aziende di trasporto su gomma di autobus a metano e l’introduzione di innovativi sistemi per la gestione della flotta e della sicurezza dei cittadini. Altra nota positiva è rappresentata dal Consorzio Unico Campania che favorisce l’intermodalità tra i diversi mezzi di trasporto presenti all’interno del territorio regionale.

Conclusioni
La situazione di relativa “arretratezza” nei confronti del resto d’Italia può essere spiegata da diversi fattori che non possono e, soprattutto, non devono essere ricollegati soltanto all’inerzia del cittadino campano (e meridionale) che ogni volta viene considerato la causa principale di tutti i problemi esistenti nella Regione.
Bisogna tenere conto, però, che le difficoltà incontrate nell’affrontare il problema della liberalizzazione sono legate soprattutto a condizioni strutturali che si sono realizzate nel corso dei decenni. Non si può, infatti, prescindere dall’analisi socio-economica per cercare di individuare le determinanti reali dell’attuale assetto dei servizi pubblici e la possibile evoluzione degli stessi.
Da considerare, innanzitutto, come in questo mutato contesto competitivo la crescita attraverso aggregazioni e alleanze commerciali abbia rappresentato, in Italia, un passo obbligato al fine di raggiungere una massa critica utile ad ottenere sinergie e recuperi di efficienza, fondamentali per competere sul mercato liberalizzato. In Campania ciò non è avvenuto per diversi motivi e, in particolare, per la presenza sul territorio di operatori già di rilievo nazionale ed internazionale, i quali hanno anche contribuito alla infrastrutturazione del territorio. Si pensi, ad esempio, ad Enel ed Italgas (con Napoletanagas). Nel settore ambientale (rifiuti), invece, ci sarebbe la necessità di procedere ad una effettiva concentrazione degli operatori. Il relativo nanismo degli operatori, associato ad altri fattori socio-economici e di parziale arretramento rispetto al resto d’Italia, impongono la necessità di agire in modo sistematico riguardo al tema dei servizi di pubblica utilità. A questo scopo è utile mettere in evidenza i punti di forza e di debolezza di cui la Campania dovrà tenere conto per cogliere le opportunità della liberalizzazione e difendersi dalle minacce associate.
Se l’obiettivo primario della Regione Campania è, quindi, quello del benessere della Regione intera e della sua futura crescita, è interesse di tutti (politici e cittadini) dotare la Campania di un sistema di servizi pubblici tale da poter essere il fulcro di un’efficace politica economica.
Sicuramente non bisognerà partire da zero. In tutti i settori, infatti, passi avanti si sono fatti, anche se bisogna cercare di sbloccare la situazione e collocare tutto il sistema su livelli almeno soddisfacenti. Tutto ciò, però, implica una visione strategica di lungo periodo e, soprattutto, più fatti e meno parole data l’essenzialità di tali servizi che va aldilà di qualsiasi visione politica.
L’obiettivo, quindi, deve essere quello di creare imprese forti, competitive e capaci di offrire servizi di qualità a costi accettabili. Ciò passa anche dalla netta distinzione tra soggetti di regolazione (Enti Locali) e quelli di gestione dei servizi. Nella fase attuale, di conseguenza, gli interventi da porre in essere devono essere finalizzati ad:
ü accrescere le dimensioni per mezzo di alleanze ed aggregazioni;
ü migliorare la produttività delle imprese facendo ricorso soprattutto ad un utilizzo consistente delle nuove tecnologie (sia nei processi che nelle produzioni);
ü ottimizzare le sinergie tra le diverse filiere di attività;
ü potenziare la dotazione infrastrutturale;
ü aumentare l’investimento in ricerca e formazione.
Tutto ciò, però, non è realizzabile se non attraverso la corretta informazione degli stessi cittadini che poi saranno i primi beneficiari degli interventi. Analizzando il caso della Regione Campania si è potuto osservare che spesso i cittadini rappresentano il primo ostacolo alla realizzazione delle opere necessarie. E questa opposizione agisce di riflesso sulla volontà dei politici di realizzare le stesse, in quanto diventa “più comodo” e creatore di consenso politico farsi portatore delle istanze dei cittadini, i quali però, in relazione alla loro scarsa informazione, non riescono a capire l’importanza delle riforme.
La Campania, quindi, deve dotarsi di un progetto di comunicazione che sappia coinvolgere tutti gli interessati, ai quali andranno spiegati gli effettivi vantaggi e svantaggi di ogni intervento.
Per realizzare obiettivi di efficacia ed efficienza nell’erogazione e produzione dei beni pubblici e dei servizi di pubblica utilità, infine, deve valere una regola (poco applicata) che consiste nel trasformare il rapporto a due, tra politici e burocrati, o, più in generale, tra politici e produttori di servizi, in un rapporto a tre, che includa i consumatori-utenti. A questi va conferito un effettivo potere d’intervento e di controllo sull’esito finale dei processi produttivi, un potere specifico che abbia un carattere di continuità e non si eserciti, quindi, soltanto in forma politica generale (e generica) e in momenti molto distanziati, come appunto avviene mediante il voto.