Il cliente diligente lo sa: ogni mese sarebbe opportuno controllare l’estratto conto della carta di credito. In particolare i correntisti on-line si dovrebbero collegare al sito della rispettiva banca e verificare le scritture in E/C. Si, insomma, il cliente, se vuole definirsi diligente, si deve accollare l’onere del controllo sull’operato del proprio istituto di credito. E’ lecito chiedersi, a questo punto, se esistano strumenti di tutela. Esaminando scrupolosamente il Fineco Report, il cliente diligente si è accorto che vengono offerti “60gg dalla data di ricevimento della mail di notifica o dalla data di invio dell'estratto conto (oltre il tempo necessario per l'inoltro)” per contestarne le scritture ed è tranquillo perché di tempo per operare il controllo ne ha in abbondanza.
Ma questi meccanismi, idealmente perfetti, funzionano all’atto pratico? Ipotizziamo che, per errore, ci venga addebitato due volte lo stesso importo per un acquisto effettuato con carta di credito e che, seguendo le rigide procedure, inoltriamo regolare reclamo (entro i 60gg) a mezzo A/R all’ufficio dispute. Idealmente ci aspettiamo di ricevere una bella e-mail (una lettera sarebbe troppo) di scuse corredata da qualche giustificazione, ma contente la chiara e limpida rassicurazione che i nostri soldi ci saranno resi al più presto. Si, idealmente. Nel mondo reale FinecoBank Spa risponde che la clausola del Fineco Report (i famosi 60gg per contestare) non si applica alla carta di credito perché questa gode di un diritto di contestazione limitato a 30gg dalla data di scrittura on-line. Ah si? Appresa questa bella novità, il cliente può anche obiettare che l’unico documento “ufficiale”, a detta dello stesso istituto, è il Fineco Report (dove ritroviamo la clausola dei 60gg), oppure che se due “norme” sono in palese contrasto tra loro vale la regola della condizione di maggior favore per il cliente o, infine, che lo stesso T.U. bancario, sottoscritto da FinecoBank Spa, prevede 60gg per ogni tipo di contestazione. Può anche, il cliente, rivolgersi all’Ombudsman bancario per esporre le proprie ragioni e chiedere i motivi del rifiuto della banca di attenersi a condizioni da lei stessa stabilite e sottoscritte.
Ma, terminato il lungo (e dispendioso) iter di proteste ed appreso che anche l’Ombudsman ritiene “purtroppo” di dare ragione alla banca, cos’altro può fare il cliente diligente o meno? Può scegliere la via legale classica, e pagare ancora, oppure ritirarsi impotente di fronte al torto subito, pensando che vorrebbe proprio sapere quanti hanno subito il suo stesso torto, magari anche per pochi euro, ma scacciando subito l’idea perché tanto, in Italia, la class action è ancora illegale...