E’ importante fare un riferimento alla storia del Brunello, in quanto essa si intreccia in maniera inestricabile a quella della Famiglia Biondi Santi. La nascita del Brunello come prodotto autonomo si ha nell’Ottocento e con questo termine si soleva indicare, nel dialetto locale, l’uva rossa prodotta da piante non troppo rigogliose, che davano acini piuttosto piccoli. Nel 1866, il professor Toscani, in una conferenza del Comizio Agrario di Siena, mise in luce gli aspetti negativi della viticoltura nel territorio ilcinese: persistenza della coltura promiscua ed errata potatura delle piante. Fu lo stesso Comizio Agrario, per iniziativa di due montalcinesi, Clemente Santi e Giuseppe Anghirelli, a promuovere studi e sperimentazioni per nobilitare qualitativamente il vino di Montalcino. Si analizzarono i vitigni, si attuarono prove di vinificazione in purezza del sangiovese, si eliminarono le varietà bianche dagli uvaggi, arrivando a concepire un prodotto radicalmente diverso, dotato di maggior nerbo e potenza, bisognoso di affinamento in legno e in bottiglia, potenzialmente longevo. Un concetto rivoluzionario per l’epoca, che si rifà all’idea francese del terroir: selezionare l’uva cresciuta in un determinato territorio e puntare su di essa per esaltarne i caratteri organolettici. La prima vinificazione effettuata secondo questo criterio fu del 1865 e vide protagoniste le fattorie di Clemente Santi e Tito Costanti, i cui risultati non si fecero attendere e così i prodotti vennero presentati con successo alle esposizioni di Siena del 1869, 1870 e 1871. Proprio in quell’anno, per opera degli stessi sperimentatori, si costituì la Società Enologica di Montalcino. Grazie alla grande esperienza vitivinicola che gli era stata tramandata dal nonno materno Clemente, Ferruccio selezionò un clone particolare di Sangiovese (il Sangiovese grosso) nella sua Tenuta il “Greppo", le cui uve, vinificate in purezza, dettero inizio ad una tipizzazione nuova dei vini toscani di allora. I successi stimolarono la crescita della viticoltura, tanto che nel 1929 si raggiunsero oltre 900 ettari di vigneti specializzati e 1243 di coltura promiscua. Il figlio di Ferruccio, Tancredi, anch'egli valente agricoltore ed enologo di chiara fama, tipizzò ufficialmente il Brunello, creando le basi per il futuro disciplinare e lanciò il vino sul mercato, ottenendo in pochi decenni, malgrado la piccola produzione, grandi affermazioni commerciali e riconoscimenti del suo lavoro di esperto lungimirante. Nel 1966 il riconoscimento della denominazione di origine controllata mise un po’ d’ordine riguardo ai territori da adibire a Brunello, al tipo di impianto, alla resa per ettaro. L’immagine venne definitivamente consolidata con l’ottenimento della DOGC, la prima in assoluto, nel 1980. Franco Biondi Santi, figlio di Tancredi, ha notevolmente sviluppato l'azienda e la cantina. Oggi produce annualmente circa 70.000 bottiglie. Esporta il suo vino in tutto il mondo e conserva in cantina Riserve del suo Brunello a partire dal lontano 1888. Tante informazioni che riguardano la storia della famiglia Biondi Santi, che sono strettamente intrecciate con la storia aziendale, possono essere ritrovate all’interno del volume “Il gentleman del Brunello” del 2004, dedicato a Franco e scritto dalla giornalista americana Kerin O’Keefe.