All’indomani della prima guerra mondiale i Paesi affrontarono il problema di dover ripristinare il sistema gold standard che era stato abbandonato durante la guerra. Ritornare semplicemente alle precedenti parità con l’oro non era possibile in quanto i Paesi avevano sperimentato differenti tassi di inflazione durante la guerra. In questo contesto l’economista svedese Gustav Cassel promosse l’uso della parità dei poteri d’acquisto come strumento per calcolare i tassi di cambio ai quali doveva essere ripristinato il gold standard.

Sebbene l’idea base relativa alla parità dei poteri d’acquisto fosse stata esposta da alcuni economisti classici del diciannovesimo secolo, tra cui D. Ricardo, J. S. Mill, V. Goshen, A. Marshall e L. von Mises, Cassel fu il primo a usare questa teoria come una pratica empirica rendendola molto popolare (K. Rogoff, 1996).

Gli scritti di Cassel infatti furono molto influenti e giocarono un importante ruolo nel dibattito sulla molto criticata decisione della Gran Bretagna di ritornare al gold standard allo stesso tasso di cambio con il dollaro che vigeva prima della guerra.
Oggi varie versioni della parità dei poteri d’acquisto sono usati in un’ampia serie di applicazioni, dalla scelta del giusto tasso di cambio iniziale per nuovo Paese indipendente alla previsione dei tassi di cambio reali di medio e lungo termine.

Per poter comprendere appieno la parità dei poteri d’acquisto è opportuno fare riferimento ad una proposizione collegata ma distinta: la legge del prezzo unico.

La legge del prezzo unico (LOP) afferma che in mercati competitivi, in assenza di costi di trasporto e di altri impedimenti al commercio, beni identici venduti in diversi Paesi devono avere lo stesso prezzo, posto che tali prezzi siano espressi in un unica valuta. Pertanto sia Pi il prezzo del bene i in valuta nazionale, Pi* il prezzo dello stesso bene in valuta estera e E il tasso di cambio nominale, espresso come il prezzo in valuta nazionale della valuta estera (quotazione incerto per certo), la LOP afferma che per ogni bene i:

Pi = E Pi*

Tuttavia, le ipotesi alla base della LOP non sono sempre osservate nella realtà e la non perfetta integrazione dei mercati fa sì che nella realtà si osservino delle differenze tra i prezzi dei beni nei diversi Paesi, differenze che dipendono dalla diversa commerciabilità dei beni. Consideriamo per esempio un hamburger “Big Mac” di Mc Donald’s, secondo un analisi effettuata dalla rivista Economist (1995) i prezzi di questi hamburger variano molto tra i Paesi in un interavallo che va da 5,20$ in Svizzera a 1,05$ in Cina. I Big Mac sono certamente dei beni non commerciati nella loro forma finale e il loro prezzo è influenzato dal costo di input non commerciati (manodopera locale, affitto dei locali), costi che sono differenti nei diversi Paesi. Per alcuni beni altamente commerciati invece, come per esempio l’oro, la legge del prezzo unico tiene molto bene. Ci sono comunque molte altre ragioni, oltre la commerciabilità dei beni finali e degli input, per cui si osservano differenze nei prezzi dei beni tra diversi Paesi e i beni per i quali la legge del prezzo unico è rispettata sono l’eccezione piuttosto che la regola.