Moneta e Potere si identificano.
Funzione precipua della moneta è quella di far lavorare le genti.

La presentazione del volume in memoria di Francesco Parrillo, professore emerito all’Università di Roma La Sapienza, che ha avuto luogo il 10 marzo 2006 presso l’Associazione Bancaria Italiana, è stata un’occasione per parlare di moneta unica. Le considerazioni riguardo all’euro sono state diversificate, e sono state mosse critiche alla politica monetaria europea. Prima fra tutte la mancanza di una unione politica che avrebbe dovuto precedere quella monetaria. 2.500 anni di storia comparata della moneta (dal VI sec. a.C. ai nostri giorni) testimoniano che ogni unione monetaria priva di unione politica si è dissolta nel giro di pochi anni. Alla stessa fine – è stato detto – è condannata l’Unione Monetaria Europea se in breve tempo non verrà protetta dallo scudo dell’unione politica. La disamina è stata condotta, in particolare, da Angiolo Forzoni, economista e storico, (autore di molti saggi tra i quali spicca l’imponente opera “La Moneta nella Storia”, della quale sono usciti, a cura del Poligrafico e Zecca dello Stato, i primi sei volumi). Anche nella moneta, egli ha detto, si riconosce il primato della politica. C’è l’identità fra moneta e potere, che era nota agli antichi e i moderni l’hanno ereditata immutata. Nessun imperatore, né re, nessun governo e nessun parlamento ha mai rinunciato al diritto di battere moneta, ossia al diritto di signoraggio. Le sole eccezioni di rinuncia del potere politico al diritto di emettere moneta sono dei tempi moderni e solo in Europa. La prima rinuncia avvenne durante la Repubblica di Weimar (maggio del 1924) quando venne licenziato il presidente della banca centrale, considerato inadatto a fermare l’iperinflazione, e furono affidati al nuovo presidente i pieni poteri monetari. Il risanamento avvenne grazie al cambio della moneta con il nuovo marco per un bilione di vecchi marchi. La difesa di tale cambio portò però ad una inaudita deflazione, che ebbe effetti sociali ed economici peggiori di quelli dell’iperinflazione. In breve, la disoccupazione dilagò e fu miseria. La politica della banca centrale tedesca indipendente portò al potere Hitler, che subito, già nell’aprile del 1933, conferiva di nuovo allo stato il diritto di monetare e di dirigere la politica monetaria.
La seconda eccezione riguarda l’area dell’euro. Il Trattato di Maastricht ha creato la Banca Centrale Europea indipendente da ogni potere politico e l’ha fatta unico soggetto abilitato a dirigere, a suo giudizio insindacabile, la politica monetaria. In nessun paese del mondo, tranne da poco tempo in Italia, ma non in Germani, in Francia ecc., la banca centrale è indipendente. Nemmeno negli Stati Uniti, che sono il paese più aperto del mondo alla libera iniziativa. La Federal Reserve (Fed) è infatti pubblica, perché vi partecipano le banche statali e gli altri membri del consiglio d’amministrazione sono nominati dal presidente degli Stati Uniti.
Alla Banca Centrale Europea è attribuito, per statuto, il compito della difesa del potere d’acquisto dell’euro, senza alcuna specificazione relativa, ad esempio, alla congiuntura economica, come, invece, è sancito nello statuto della Fed. Ne consegue che la migliore politica di difesa dell’euro è quella di limitare al massimo la stampa di carta moneta direttamente e tramite il tasso ufficiale dello sconto. La BCE si comporta da perfetto monopolista, contrariamente allo Stato, che deve svolgere anche una funzione sociale. Oggi l’euro è una moneta forte e contro ogni motivazione di politica economica vale il doppio del dollaro Usa, mentre dovrebbe valerne poco più della metà, tenendo conto dei prodotti nazionali lordi. La conseguenza è il basso profilo dell’economia dell’area dell’euro.
Come ha ricordato Forzoni, la moneta non soltanto è “del Principe”, ma sua precipua funzione è quella di far lavorare le genti, funzione che l’euro non svolge a causa del suo apprezzamento. I prodotti europei risultano cari e quindi la loro esportazione ne soffre e di conseguenza anche la produzione del reddito. Oggi tutto il mondo economico corre, sia a Nord che a Sud, sia ad Est che a Ovest. Soltanto l’Europa dell’euro arranca, anzi è quasi ferma, con gravi danni per l’occupazione e i redditi.
Forzoni ha concluso la sua relazione sollecitando “il Principe” a riprendere i poteri monetari e a sostituire il parametro di Maastricht dell’equilibrio del bilancio pubblico con quello omnicomprensivo dell’equilibrio della bilancia dei pagamenti. Ma soprattutto è necessario creare uno Stato Europeo con la sua propria moneta. Occorre cioè almeno una confederazione di stati indipendenti, che agisca tramite un presidente confederale, un parlamento confederale nella pienezza dei suoi poteri, un governo confederale, un debito pubblico confederale, un esercito confederale, ecc. e una propria moneta, la cui sola gestione e non certo l’amministrazione, sia delegata alla banca centrale. I poteri monetari sono prerogativa dello Stato e una moneta forte non serve se non fa aumentare il reddito nazionale e l’occupazione.

Pubblicato su Finanza Italiana marzo-aprile 2006